Davar Acher – Ratti e demoni
Non c’è molto da dire oggi di Vittorio Arrigoni: un nemico di Israele e del popolo ebraico ammazzato da altri nemici di Israele che non sopportavano i suoi “vizi occidentali”, qualunque cosa questa espressione volesse dire per loro; un altro degli occidentali illusi che dichiarare simpatia e partecipazione ai nemici dell’Occidente li avrebbe salvaguardati dalla loro violenza; non un pacifista dedicato alla non violenza, ma un amico e un portavoce e forse un agente della banda più violenta di assassini del Medio Oriente; non un volontario impegnato a soddisfare i bisogni della popolazione ma un agitatore politico armato di calunnie e insulti, spesso oltre i limiti del razzismo. Uno che chiamava i sionisti “ratti” e “demoni”, che non ha mai condannato le stragi commesse dai suoi amici di Hamas, i crimini di guerra contro la popolazione civile del Negev, il rapimento di Shalit. Uno le cui ultime volontà sono state interpretate forse non a sproposito dalla madre che ne condivideva le convinzioni nel senso di non farne passare la salma per il territorio di Israele – chissà, forse per paura di contaminarlo con gli effluvi demoniaci dei “ratti”.
Ci sarebbe molto da dire invece sulla sua santificazione postuma, sulla costruzione ideologica che si è fatta sul suo cadavere, dall’attribuzione al Mossad e a Israele del suo omicidio, benché i colpevoli siano saltati fuori subito, ufficialmente riconosciuti e arrestati da Hamas e ammessi dallo stesso movimento salafita. La statura di un piccolo giornalista dilettante o piuttosto di un propagandista di giornali e siti “comunisti” e anti-israeliani è stata subito ingigantita nei comunicati ufficiali dei politici italiani a simbolo della speranza di pace del Medio Oriente (che così viene identificata con la distruzione di Israele). Qualcuno ha parlato di attribuirgli il premio Nobel, che dopo il tributo preventivo ad Obama in effetti non ha molto senso, ma comunque ha una dimensione globale che in questo caso chiaramente manca. Sono frutti del provincialismo italiano, che prima di lui ha trasformato in eroi tutti coloro che da amici dell’islamismo si sono trasformati in sue vittime, rapiti e magari uccisi: Sgrena, “le due Simone”, Baldoni. Ma sono anche un segno di un’assimetria di giudizio preoccupante. Lo spazio sulla stampa e il cordoglio per lui – ammazzato da chi lui pensava fossero militanti per la libertà – è stato mille volte superiore a quello dedicato alla famiglia sgozzata nel sonno un mese fa da assassini assai simili ai suoi; o alla studiosa inglese, del tutto estranea ai conflitti mediorientali, uccisa poco prima da una bomba fatta esplodere alla stazione degli autobus di Gerusalemme da qualche altro amico dei suoi amici.
Ma soprattutto dà da pensare quel che traspare dai commenti diffusi non solo sui giornali ma anche in internet, su facebook e nei siti dei giornali da parte di scrittori e lettori. La morte di Arrigoni, in cui Israele non ha avuto alcun ruolo, viene costantemente attribuita alle responsabilità dell'”occupazione”, se non di tutto il popolo ebraico. Non mancano richiami positivi al nazismo, minacce di morte, una condanna cosmica di Israele, visto per l’appunto come luogo demoniaco. A leggere questi scritti si resta quasi fisicamente colpiti dalla violenza dell’odio che ne promana: dove ho letto io, si tratta di italiani più che di immigrati, di gente di sinistra più che di neonazisti. La distinzione fra antisionismo e antisemitismo, se mai ha avuto un senso, in questi scritti è completamente offuscata. L’Italia risulta generalmente dalle statistiche un paese fra i meno affetti dall’antisemitismo in Europa. Sarà così; ma certamente la minoranza che lo nutre sta diventando particolarmente aggressiva e intollerante. I prossimi mesi rischiano di darcene la prova, con la nuova flottiglia annunciata per maggio, la marcia sui confini di Israele promossa da Barghouti per giugno, lo “tsunami” annunciato per settembre (l’espressione è di Barak, si tratta del tentativo riconoscimento dello stato palestinese da parte dell’assemblea dell’Onu, con i contraccolpi politico-giudiziari e anche terroristici che potrebbero seguirne). Come purtroppo accade già da tempo in altre parti d’Europa, l’ebraismo italiano avrà bisogno di attrezzarsi per resistere.
Ugo Volli