Il matematico che amava le donne

Al festival di Sanremo, Benigni ha ricordato che in Italia la lingua e la cultura sono arrivate prima della nazione: spesso si dimentica che, da Dante a Galileo a Maria Gaetana Agnesi, il pensiero scientifico è stato una componente essenziale della cultura italiana, e che ciò dimostra la modernità e il coraggio intellettuale dei giganti di cui abbiamo ricevuto una preziosa eredità. Fra coloro che hanno costruito e consolidato l’unità nazionale, tra fine Ottocento e inizi del Novecento, sono stati in molti a lavorare alla costruzione di una infrastruttura di insegnamento e ricerca scientifica e tecnica, che sapevano essere essenziale per la costruzione di un paese avanzato: alla democrazia liberale e all’economia industriale servivano ingegneri, medici e scienziati. E molti di costoro erano studiosi ebrei, tra cui spicca Vito Volterra (1860-1940). Nato ad Ancona, Volterra si formò a Firenze, nell’Istituto tecnico che il gran duca Leopoldo II aveva generosamente dotato, e presso la Scuola Normale di Pisa; svolse poi la sua attività principalmente a Roma. Volterra è stato un grande organizzatore di una miriade di iniziative, e soprattutto si deve a lui l’idea di fondare un’istituzione di ricerca in vista delle applicazioni di interesse nazionale che portò all’attuale Consiglio nazionale delle ricerche. Ma fermarsi a esaminare tutti i minuti aspetti istituzionali della sua attività (documentati da una imponente corrispondenza) sarebbe veramente riduttivo. Di Volterra interessano oggi il carisma e le idee forti, la visione culturale che egli ha perseguito fino in fondo, e che servono a spiegare storicamente il coraggio e il convincimento del singolo evento per cui è spesso ricordato, ossia il rifiuto di firmare il giuramento di fedeltà al regime richiesto da Mussolini ai professori universitari nel 1931. Questa visione culturale spiega anche molti altri aspetti della sua attività. Volterra era legato alla tradizione di matematici di stampo liberale (con varie sfumature politiche) che in tutta Europa aveva saputo trasformare il mondo matematico da una piccola aristocrazia del pensiero a una comunità impegnata nella modernizzazione politica, sociale ed economica. Questa svolta aveva reso possibile la carriera scientifica e accademica delle prime donne matematiche, a partire dalla studiosa russa Sofja Kovaleskaja (sostenuta anche dal matematico italiano di fama internazionale e patriota risorgimentale Luigi Cremona). La collaborazione scientifica non distingueva né nazionalità né età né sesso, per Volterra: egli fu amatissimo dagli scienziati di tutto il mondo con cui era in contatto, dal Minnesota a Mosca, e in particolare nelle città dove era di casa, come Madrid e Parigi. Ma in questo egli era un tipico matematico democratico liberale del tempo, erede di antiche tradizioni dell’accademia (l’apertura al dialogo e alla discussione senza dogmi népregiudizi tra persone di appartenenza e lingua diversa) rafforzate dall’amore per la libertà ottocentesco e anche dall’amore per il proprio paese. Ciò che in lui era invece straordinario era che quella miscela di tradizione e apertura alla modernità impregnava anche la sua opera scientifica, amalgamandosi in modo mirabile nella sua visione culturale. Forse l’episodio emblematico – lo scelgo perché me ne sono occupata a lungo in vari articoli e un libro – è l’impresa scientifica che egli animò a Parigi negli anni drammatici che videro la sua esclusione dalla vita pubblica e le leggi razziali: alcuni noti professori francesi, lo studioso russo Vladimir Kostitzin fuoriuscito dopo la rivoluzione del 1905 nel suo paese e privo di posizione accademica, un paio di giovani donne (fra cui la prima studiosa che ottenne una cattedra in una facoltà di farmacia in Francia). Un gruppo vivace che lavorò con passione a una serie di esperimenti di laboratorio, di libri e saggi su una linea di ricerca nel contempo moderna e classica, che puntava a confermare l’importanza della matematica di stampo classico anche nelle ricerche biologiche allora di frontiera. Il volume di Sandra Linguerri Un matematico un po’ speciale. Vito Volterra e le sue allieve (Edizioni Pendragon, Bologna, 199 pp.) tocca dunque un aspetto della vita scientifica di Volterra inedito e interessante, anche se l’approfondimento di lati tutto sommato marginali non rispondono all’esigenza di dispiegare in tutta la sua ricchezza e complessità l’immagine di un personaggio determinante nella formazione dell’identità nazionale – un’esigenza tanto più determinante quando si parla tanto di ridare il giusto spazio alla cultura scientifica.

Ana Millán Gasca, Pagine Ebraiche, marzo 2011