Gli antisemiti e i loro ostaggi

Come i lettori di questo sito certamente sanno, si sono compiuti oggi i cinque anni del rapimento di Gilad Shalit. Del carattere illegale e inumano di questa prigionia si è detto tutto e non vale la pena di diffondersi su questo. Rapito in territorio israeliano, Shalit non è mai stato visitato da parenti o da organizzazioni umanitarie, non ha avuto nessun processo, non gode dei diritti né dei carcerati né dei prigionieri di guerra, anche perché nessuno si è preso la biga di incolparlo personalmente di alcunché. E’ trattenuto come un ostaggio nel tentativo di scambiare la sua vita con la liberazione 1000 detenuti nelle carceri israeliani regolarmente processati, condannati, garantiti dalla legge, buona parte di loro rei confessi di omicidi. Nel frattempo viene preso in giro e umiliato con beffe odiose allo scopo di esercitare pressione sul pubblico israeliano. Chi lo ha rapito ha fatto l’anno scorso un cartone animato per mostrare l’inutile dolore della famiglia, un paio di settimane fa ha diffuso un appello per “trovargli una moglie” (cioè rapire una soldatessa), proprio ieri ha diffuso dei fotomontaggi che lo raffigurano da vecchio, sempre prigioniero e infelice.
Si tratta di crimini odiosi contro l’umanità, che anche i peggiori criminali non compiono con tanto accanimento. Quando i banditi calabresi rapirono Paul Getty, gli staccarono un orecchio per dimostrare che l’ostaggio era in mano loro, ma senza prendere in giro il dolore della famiglia. Quando presero Cesare Casella, dovettero tollerare che la madre andasse a incatenarsi nelle loro terre per chiedere la liberazione del figlio. La posizione di Hamas è infinitamente peggiore. E non si tratta affatto di un caso isolato. Hezbollah ha ottenuto uno scambio del genere, di dimensione molto minori. Per riconsegnare le salme dei soldati Ehud Goldwasser e Eldav Rehev hanno ottenuto nel luglio 2008 la liberazione di cinque terroristi condannati, fa cui Samir Quntar, pluriassassino, colpevole fra l’altro di aver ammazzato una bimba di quattro anni a mani nude – naturalmente accolto al suo rientro da grandi feste palestinesi, libanesi, siriane e anche da un party offerto dalla redazione di Al Jazeera. Anche gli italiani in Iraq, Daniel Pearl in Pakistan, colpevole di essere ebreo e tanti altri sono stati trattati come meri oggetti, merci di scambio e poi ammazzati e buttati via come spazzatura dagli islamisti. Fra questi, molti che stavano dalla loro parte, come le “due Simone”, membre dell’organizzazione “Un ponte per” che partecipa oggi alla flottiglia, per loro fortuna non uccise ma solo rapite e liberate in cambio di soldi e di recente il grande amico di Hamas, Vittorio Arrigoni (fatto fuori da membri della “sicurezza” di Hamas, il cui interrogatorio è stato tenuto accuratamente segreto).
Sia pur con alcune rilevanti eccezioni a sinistra (non ricordo dichiarazioni su Shalit di D’Alema, Bindi, De Magistris ecc. ecc.) il sistema politico ha reagito in maniera verbalmente accettabile al crimine di Hamas. Hanno condannato ancora di recente la Francia e la Germania, alcuni comuni italiani fra cui Roma, Torino e Milano (l’amministrazione precedente, non Pisapia, però, che è stato da quel che ne so silenzioso in questi giorni sul tema, comme d’habitude).
E però bisogna ammettere che l’immaginario collettivo europeo e occidentale non ha capito la connaturata dimensione criminale, l’inumanità della “lotta” palestinese di cui il caso Shalit è un esempio, ma di recente lo sono stati lo sparo di un razzo contro uno scuolabus e la strage della famiglia Fogel a Itamar (per cui, ricordiamolo, uno dei due assassini ha raccontato che stava per andarsene dopo aver ammazzato genitori e figli grandi, ma sulla porta ha sentito piangere la bebè di otto mesi e allora è tornato indietro e ha tagliato il collo anche a lei…). Quelli che “ammazzano i bambini” nel sentire comune sono i militari israeliani che pure si sforzano di evitare il più possibile le vittime civili combattendo contro terroristi che si infrattano in mezzo alla popolazione usando donne e bambini come scudi umani. La foto della bufala dell’uccisione di Al Dura ha fatto il giro del mondo, quelle dei Fogel, sia pure rilasciate a fatica dal governo israeliano, non si sono viste. Nel ricordo della flottiglia dell’anno scorso, le vittime non sono i soldati israeliani scesi sulla Mavi Marmara quasi disarmati a compiere il dovere legale di assumerne il controllo e assaliti da una folla omicida, ma i loro tentati omicidi che sono stati colpiti con le armi personali nella reazione dei soldati quasi sopraffatti.
Bisogna riflettere su questa reazione distorta. Perché non è vero che Israele non faccia comunicazione. Semplicemente i fatti che mostrano il buon diritto di Israele non passano. Bisogna chiedersi il perché. E la prima risposta indica la colpa della stampa, in particolare di quella “di qualità”, che sistematicamente prende posizione contro Israele sposando le versioni palestinesi. Basta pensare alla storia della flottiglia, o di recente al tentativo di violare il confine israeliano organizzato dalla Siria. I giornalisti svolgono la funzione di gatekeepers (custodi dei cancelli) dell’informazione, spiega la teoria delle comunicazioni di massa e decidono quali notizie far passare e quali no. Ma non lo fanno arbitrariamente. Devono compiacere i pregiudizi della propria audience, che confluisce sempre sui media che confermano le loro idee. Insomma il pregiudizio anti-israeliano non è solo dei giornali, ma anche del loro pubblico. In Italia forse meno che in Europa, ma pur sempre presente. Bisogna chiedersi il perché di questo atteggiamento negativo. E la risposta purtroppo è chiarissima: contro Israele agisce un pregiudizio antisemita, che si è esteso dalla destra e dalla sinistra estrema di un tempo anche alla sinistra “moderata” e oltre – anche fra una parte del mondo ebraico. L’ebreo, che una volta era il deicida e il perfido e poi lo sfruttatore economico e la razza inferiore, oggi è diventato lo Stato oppressore, il pericolo per la pace, il carnefice dei palestinesi. Che questi e non “gli ebrei” ammazzino bambini con le loro mani e scherniscano orribilmente le vittime dei loro rapimenti, che tirino razzi scontro scuole e asili quasi ogni giorno non conta. Perché anche nell’informazione, purtroppo, la fantasia e il desiderio contano più della realtà e dei fatti.

Ugo Volli