Voci a confronto
Le notizie oggi riguardano la flottiglia, che dovrebbe partire in questi giorni da vari porti della Grecia, riunirsi vicino a Creta e di lì dirigersi a Gaza, avendo rifiutato l’offerta egiziana e israeliana di scaricare le sue merci al porto egiziano di Arish, per farle proseguire poi per Gaza (Battistini sul Corriere). Sui giornali italiani in genere si legge simpatia per l’iniziativa, non solo ovviamente su quotidiani come Il Fatto (Stefano Citati), sul Messaggero (Eric Salerno) e sul Manifesto (Michele Giorgio) ma anche su Carlino/Nazione/Giorno, normalmente più equilibrati. La sola voce registrata dalla rassegna a dare informazioni corrette sulla questione è quella di Angelo Pezzana su Libero. I giornali italiani infatti, in genere, omettono di informare il proprio pubblico sui fatti essenziali: in primo luogo che non c’è nessuna crisi umanitaria a Gaza, come afferma anche una recente analisi della Croce Rossa Internazionale, ma anzi si registra nella striscia un certo boom economico (come scrive la redazione del Foglio nel titolo di un reportage: “A Gaza va forte il real estate, ma occhio ai concessionari d’auto”). In secondo luogo è perfettamente possibile, per chi vuole inoltrare merci a Gaza, farlo usando i porti israeliani o egiziani, e facendole transitare per le normali procedure doganali. In terzo luogo, è molto chiaro in termini di diritto navale internazionale che in caso di conflitto armato uno stato ha tutto il diritto di stabilire un blocco navale di un territorio, a patto di mantenerlo. Quel che è illegale nei blocchi sono i favoritismi o le discriminazioni. Sicché se Israele lasciasse passare la flottiglia come i giornali italiani (e in Israele anche quell’organo di propaganda araba in lingua ebraica che si chiama “Haaretz”, il quale condivide col “Manifesto” non solo la linea politica ma anche il livello di diffusione e di influenza sulla vita politica), non ci sarebbero più ragioni legali per opporsi allo sbarco di un cargo pieno di missili proveniente dall’Iran o dal Qatar. Rompere il blocco è il tentativo vero della flottiglia, non portare a Gaza qualche tonnellata di cemento o un’ambulanza (non manca una cosa né l’altra: di solito le ambulanze sono usate non per i malati ma come trasporti inviolabili per i terroristi in azione, come è stato ripetutamente documentato). Dato che questo scopo non sarà raggiunto, resta l’obiettivo numero due, cioè il tentativo di danneggiare il più possibile Israele sul piano mediatico e dell’opinione pubblica. Questa è la battaglia vera della flottiglia. Inutile dire che si tratta di un obiettivo politico e non umanitario, ma vale la pena di sottolineare anche i suoi connotati antisemiti. Gli “attivisti” non si muovono per soccorrere una popolazione, ma per danneggiarne un’altra, quella israeliana, che ha il piccolo difetto di essere ebrea. Coloro che in Italia anche nel mondo ebraico hanno espresso appoggio alla flottiglia di questo dovranno rispondere.
Ugo Volli
28 giugno 2011