Il Rettore e il Patriarca
Il patriarca di Venezia, Angelo Scola, è stato nominato di recente arcivescovo di Milano. Alcuni giorni fa, nel bollettino di Ca’ Foscari, il Rettore dell’Università di Venezia, professor Carlo Carraro, salutava questa nomina esprimendo il “dispiacere per l’Università veneziana“ che perde con lui “un punto di riferimento culturale con il quale in questi anni abbiamo condiviso la stessa visione rispetto all’importanza della formazione per il futuro dei nostri giovani e della nostra società. Si tratta di convinzioni profonde che sicuramente troveranno sempre una salda àncora nel Patriarcato e nei progetti condivisi con Sua Eminenza Angelo Scola”. La dichiarazione ha destato un certo scalpore, ma non ha avuto, a parere di chi scrive, l’eco e la reazione che meritava. Certamente il Rettore Carraro si riferiva a progetti comuni avviati dall’Università e dal Patriarcato, ma le parole lasciano sempre il loro segno e, quando sono sincere, come non si dubita siano state quelle del Rettore, segnalano una situazione. C’è chi ha cominciato a preoccuparsi per l’autonomia della cultura universitaria, in un paese come il nostro in cui i condizionamenti della politica sulla cultura (oltre che sull’informazione) appaiono oramai come una incontrovertibile realtà quotidiana che, purtroppo, non scandalizza più nessuno. Le parole forti e convinte del Rettore di Ca’ Foscari destano a ragione qualche turbamento, per una realtà come quella universitaria in cui la cultura dovrebbe nascere dal dibattito che si sviluppa all’interno dell’istituzione piuttosto che da ispirazioni, visioni e ideologie esterne. Laici, non credenti e appartenenti a minoranze religiose pensavano di doversi preoccupare soltanto per le leggi sul finanziamento della scuola privata, per l’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, per il crocifisso imposto nelle scuole e nelle aule dei tribunali. Ora sappiamo che una certa dose di apprensione va riservata anche alla necessità di vigilare sulla garanzia di laicità di qualche nostra università.
Dario Calimani