Voci a confronto
Grande attenzione deve essere oggi rivolta alle parole che leggiamo su Rinascita a firma di Maurizio Barozzi; l’argomento (la vicenda di Strauss Kahn) è sicuramente datata, e si poteva pensare che tutto fosse stato già scritto nei giorni scorsi. Eppure Barozzi, in un pessimo italiano, che già per questo non fa onore alla testata, oltre a parlare della solita “lobby”, inizia definendo DSK non solo “askenazita”, ma anche “circonciso”, per arrivare a contrapporre gli “eletti” ai “goym”. Il lettore che leggerà fino in fondo questo articolo troverà le ragioni di tanto astio “antisemita”: Strauss Kahn dichiarò, anni addietro, di “pensare ogni mattina a come aiutare Israele”. Ciò è incomprensibile ed inaccettabile per Barozzi che scrive che “a considerare gli ebrei UN PO’ DIVERSI dagli altri si fa antisemitismo. Insomma, non accetta che un cittadino, ebreo o non ebreo nulla cambia, possa avere nei suoi pensieri quotidiani le questioni di Israele (che forse non riguardano poi solo Israele ndr), come un altro, magari, pensa alle proprie collezioni di quadri o alle amate montagne. Il redattore di questa rubrica invita tutti a ben riflettere su queste parole che ci riportano ad anni che troppo presto abbiamo pensato irripetibili. Restando alla lettura della stessa testata, Petras Stankeras deve aver riletto la mole dei documenti dello storico processo di Norimberga dove “dei criminali giudicavano altri criminali” e riporta all’attenzione dei suoi lettori il fatto che “ancora oggi non esista alcun documento firmato da Hitler in merito allo sterminio degli ebrei (sebbene sia stata promessa una ricompensa fino ad un milione di dollari)”. Questo articolo, col precedente, devono far attentamente riflettere sui valori della testata che li ha accolti.
Due sono gli avvenimenti fondamentali di ieri: un nuovo attacco alla pipeline che, attraversando il Sinai, trasporta il gas egiziano tra l’altro in Israele (come voluto dagli accordi impostati da Sadat e Begin), e l’ultimo incontro del cosiddetto “Quartetto”: ONU, USA, EU e Russia. Della nuova esplosione nel Sinai parlano diffusamente tutti i quotidiani, mettendo in evidenza che, se guardiamo solo a quanto successo quest’anno, è la quarta dopo quelle di febbraio, marzo ed inizio luglio. Tale frequenza deve fare pensare attentamente al suo significato. Anche della riunione del Quartetto parlano tutti i quotidiani, e tutti sottolineano che non vi è stato neppure un comunicato finale, fatto di per sé molto significativo. Le Figaro, a questo proposito, si chiede se non bisognerà forse aspettare l’eventuale rielezione di Obama per vedere progressi significativi. Il pensiero di chi scrive è che, nel caso di nulla di fatto ora e di rielezione di Obama, il futuro per Israele sarà ancora più irto di ostacoli.
La Knesset ha approvato una nuova, contestata legge che permette azioni legali contro i boicottatori dello Stato di Israele; l’International Herald Tribune, in particolare, osserva, e se ne stupisce, che vi è un diverso atteggiamento verso questo movimento internazionale di boicottaggio rispetto, ad esempio, a quello verso gli israeliani che boicottano un determinato formaggio locale, finito sotto attacco per il suo prezzo giudicato eccessivo dai consumatori.
Umberto De Giovannangeli, per l’Unità, accompagna il segretario dei DS in visita al Cairo dove ha incontrato numerosi leaders locali, da el Baradei a Amr Moussa. Il bagno di folla finale del segretario DS nella piazza Tahrir deve aver dato grandi soddisfazioni personali al politico italiano, ma si deve dubitare che possa avergli fatto comprendere appieno quanto i Fratelli Musulmani, in questi giorni lontani dalla piazza, stanno in realtà preparando in Egitto. Identiche le riflessioni che si traggono dopo la lettura delle parole scritte da Alain Touraine per le Monde e riprese sul Mattino di oggi; le nuove realtà del mondo islamico appaiono, a chi scrive questa rassegna, improntate ad un eccessivo ottimismo.
Marco Pedersini sul Foglio esamina con attenzione quanto sta avvenendo ai confini tra la Siria e la Turchia; Erdogan potrebbe portare la Turchia a inviare i propri soldati, ancora una volta, oltre i confini (lo fece già nei territori dell’Irak abitati dai curdi), per sistemare i profughi siriani in territorio siriano, ma sotto la protezione dei generali turchi. Il pericolo, per Erdogan, sta tuttavia nel non dover concedere troppo spazio ai propri militari in questo momento di profondi cambiamenti politici interni. Ancora sul Foglio Mattia Ferraresi scrive che sempre più numerosi sono i morti ammazzati in Afghanistan; tra gli ultimi, anche il fratellastro del presidente Karzai (e purtroppo, come si apprende nelle ultime ore, anche un soldato italiano, il 40° nostro caduto in quelle lontane terre). Molte sono le ragioni, ben note, che hanno spinto Obama ad iniziare il ritiro, largamente preannunciato, dei propri soldati (ed ora inizia anche quello dei soldati francesi, come dichiarato da Sarkozy in visita a Kabul), ma vanno attentamente lette le dichiarazioni preoccupate del neo ministro della difesa USA Panetta, assolutamente identiche a quelle a suo tempo pronunciate dal suo predecessore Bob Gates. Pensare di potersi ritirare e, contemporaneamente, riconciliare coi talebani appare, a molti, del tutto fuori luogo.
Infine un fatto di diversa collocazione, ma di non minore importanza, lo troviamo sul Fatto quotidiano: Marco Dolcetta parla di una nuova beatificazione impostata dal Giovanni Paolo II e ripresa da Benedetto XVI. Monsignor Stepinac sarà stato un grande cattolico, ma sembra proprio che tante ombre si debbano rilevare nella sua vita.
Emanuel Segre Amar