Voci a confronto
Dopo lunga attesa nei porti greci, finalmente una ed una sola imbarcazione, la Dignité al Karama, battente bandiera francese, è riuscita nei giorni scorsi a salpare dichiarando di far rotta verso l’Egitto. Tuttavia, una volta raggiunte le acque internazionali, ha deciso di portare i propri aiuti per la popolazione di Gaza direttamente sulle coste palestinesi. Inevitabile l’intervento, ampiamente annunciato, della marina israeliana che, con un’azione che non ha visto nessun episodio di violenza fisica tra le parti, ha preso il controllo dell’imbarcazione trainandola verso il porto israeliano di Ashdod. Come scrive L.S.B. su Avvenire, la Francia ha immediatamente richiesto ad Israele “un rapido rientro in Francia dei cittadini francesi” coinvolti, e certamente questo è anche l’interesse delle autorità israeliane. Anche molte altre testate parlano di questo avvenimento; il Fatto quotidiano dà spazio unicamente a parole di dura critica verso lo Stato di Israele, mentre, per una volta devo sottolineare la giusta osservazione che si trova su Liberazione, anche se come sempre schierato duramente contro le posizioni israeliane, il quale osserva che, dopo l’annuncio del premier turco Erdogan di voler visitare Gaza, si prospetta una difficile decisione per le autorità israeliane nel caso che questa visita venga fatta con un viaggio via mare. In questo articolo non si può tuttavia non sottolineare la falsificazione della realtà: i rapporti tra Israele e la Turchia di Erdogan non sono tesi dall’episodio della Flotilla 1, ma dal convegno di Davos che vide il duro scontro tra il premier turco e il presidente Peres a seguito della guerra di Gaza (e quindi ben precedente all’episodio della Mavi Marmara). Sul quotidiano spagnolo ABC Pedro Rodriguez intervista il negoziatore palestinese Saeb Erekat il quale, a proposito della volontà di far riconoscere a settembre lo stato di Palestina all’ONU, dice che questo non sarà l’atto di nascita dello stato che già esiste dal 1988 e che è già riconosciuto da 118 nazioni. Questo passaggio all’ONU sarà piuttosto il riconoscimento delle frontiere del ‘67 e di Gerusalemme capitale (dello stato di Palestina, ma non di Israele! ndr). I palestinesi vogliono la coesistenza di due stati, mentre Netanyahu è impegnato a distruggere la prospettiva dei due stati. Noi conosciamo i nostri doveri, dichiara Erekat, e chiediamo a Netanyahu di rispettare i suoi. Un’altra intervista viene pubblicata, a cura di De Giovannangeli, su l’Unità: il capo di Hamas Haniyeh si dichiara pronto ad una hudna (tregua) con Israele. E’ opportuno che il lettore ricordi, a questo proposito, la non casuale corrispondenza con la hudna proclamata da Maometto coi suoi nemici del momento, tregua interrotta dopo solo due anni non appena i cambiati rapporti di forza gli permisero di sconfiggere il nemico. Tra le altre affermazioni di Haniyeh va osservata la dichiarazione di voler restituito (?) tutto il territorio perduto nel 67, senza lasciare agli israeliani neanche un centimetro di terra. In un altro articolo, sempre su l’Unità, e sempre di U.D.G., si legge che Abu Mazen ha dichiarato al segretario Bersani che per lui la scelta del dialogo è irreversibile. In questo articolo, nel quale si parla anche di Hamas, che per ora rimane un passo indietro rispetto al capo di Fatah, resta nascosta la volontà mai modificata di questa entità terroristica di uccidere tutti gli ebrei. Desidero chiudere questa sezione odierna dedicata alle vicende israelo-palestinesi ricordando le parole scritte su questo sito, lunedì, da Anna Foa, che si stupiva per le posizioni inaccettabili del Fatto Quotidiano sulle vicende dell’ultima guerra. Oggi questa stessa testata pubblica una lettera firmata da Luigi Fioravanti, senza alcun commento da parte della direzione del quotidiano, e questa lettura deve fare ulteriormente riflettere i lettori.
Giulio Meotti sul Foglio scrive che il giornalista americano Glenn Beck, un cristiano mormone, da questa primavera, e più precisamente dal giorno dei massacro di Itamar, si dedica quasi esclusivamente alle vicende di Israele, e in agosto terrà un grande show a Gerusalemme con la partecipazione di numerosi politici dei due partiti americani. Beck è stato invitato alla Knesset dove ha parlato di “vaporizzazione di Israele”; richiesto di essere più esplicito ha detto che “gli iraniani stanno costruendo nuovi vagoni piombati per gli ebrei”. Sempre sul Foglio, Pio Pompa scrive che Israele non potrà più attaccare l’Iran per impedire che costruisca la bomba, giacché oramai l’Iran è una potenza nucleare. In Libano Hezbollah sta ricevendo armi iraniane tecnologicamente molto potenti e sofisticate, sta prendendo il controllo totale del paese e sta difendendo i propri uomini accusati per l’assassinio di Hariri; in Egitto i Fratelli Musulmani mirano a conquistare il 50% dei voti alle prossime elezioni e si avvicinano sempre più all’Iran; in Siria Assad sta lavorando per scatenare una guerra tra Libano ed Israele mentre approfitta dell’impasse dell’Occidente (Hillary Clinton ha dichiarato di non poter fare nulla in Siria ma di confidare in un cambiamento), e delle decisioni di Obama che, dopo aver riallacciato le relazioni diplomatiche tra i due paesi, si guarda bene dal congelarle.
Interessante la lettura di Bernard-Henry Lévy che sul Corriere, dopo un controllo effettuato di persona, certifica che i ribelli libici sono bene organizzati e si coordinano con la NATO che manda coi propri aerei grandi aiuti militari. Questa è per BHL una guerra giusta, la democrazia è voluta dai cittadini (non come in Irak dove era imposta dal di fuori), e Gheddafi è sempre il tiranno sanguinario che conosciamo. Sul Foglio Marco Pedersini scrive che le trattative che dovrebbero condurre alla fine del regime di Gheddafi sono ora tenute a Mosca con l’accordo degli USA; la Russia si è sempre rifiutata di partecipare a questa guerra e, qualora riuscisse, con la diplomazia, a farla finire, poi farebbe pagare caro all’Occidente il proprio contributo. Diverse le parole sul Messaggero che descrive una Tripoli quasi tranquilla, con la popolazione che affolla le spiagge ed i bambini che si divertono sulle giostre montate nel centro della città.
Antonio Carioti scrive sul Corriere della prossima vendita all’asta che vedrà aggiudicare i diari di Mengele (morto affogato in Brasile nel ‘79); bisogna augurarsi che queste 4000 pagine di grande interesse per la storia finiscano, in qualche modo, in istituzioni pubbliche che ne permettano lo studio.
Infine, continua la rivisitazione della vita di papa Pacelli; L. Fazzi su Avvenire scrive che “mentre i fascisti come Farinacci rimasero shoccati dalla sua elezione”, questa sarebbe stata “fonte di grande gioia per gli ebrei”. Non è mia intenzione andare oltre su questo argomento, e preferisco lasciare ai lettori le necessarie valutazioni.
Emanuel Segre Amar
20 luglio 2011