Potere bianco
È dunque un norvegese l’attentatore di Oslo, non un «islamico». Anzi è uno che rivendica la propria autoctonia, la propria patria e nazione, contro gli stranieri e contro tutti coloro che aprono, o vorrebbero aprire le frontiere, a chi non ha legami di suolo o di sangue. È un bianco che vuole affermare il potere dei bianchi e, per così dire, liberare l’Europa dagli invasori, cioè dagli immigranti, dagli arabi, dai lavoratori stranieri, dagli «altri». L’attentatore è tra noi, non fuori. White power e black metal sono i termini della sua ideologia che costringe a inserirlo nella galassia multiforme, e sempre più espansa, dell’estrema destra, xenofoba, omofoba, razzista e profondamente antisemita. Solo chi non conosce la situazione attuale della Germania, dei paesi dell’Europa dell’est, come Ungheria, Ucraina, Polonia, e dei paesi scandinavi, può meravigliarsi di quello che è avvenuto. La visione idilliaca della Norvegia, ripetuta anche dai media, è una proiezione. Il ritorno fanatico alla natura si mescola ad un sostrato pagano mai scalfito, il richiamo nazionalista del suolo apre la strada al richiamo razzista del sangue. Già nel 2002, in occasione del convegno della Anti-Defamation League, Martin Bodd, rappresentante della Comunità ebraica di Oslo, aveva descritto con preoccupazione il riaffiorare di antisemitismo, razzismo, xenofobia (in Norvegia si contano circa 800 ebrei, pari al 2% della popolazione). Gli ultimi resoconti (ne avevo ricevuto uno il 7 luglio) sono inquietanti. D’altronde i gruppi norvegesi inseriti nel «National Socialist Black Metal», o anche solo contigui, si sono rivelati tra i più feroci. Non stupisce che l’attentatore si sia dichiarato non solo antimarxista, ma anche anti-umanista. A ben guardare è proprio la tradizione umanistica, a cui ha contribuito in modo decisivo l’ebraismo, ad essere messa in dubbio oggi. Ma che cosa sarebbe l’Europa senza umanismo? L’Europa, con il suo terribile carico di storia e lo spettro di Hitler, una realtà molto più concreta di quanto l’illusione di qualcuno ci voglia far credere? È grave parlare di un «folle» e del suo «delirio». L’attentato è stato preparato con cura e con tempo. Il gesto estremo e ripugnante non deve impedire di vedere l’ideologia che l’ha alimentato. Né deve portare a sottovalutare il pericolo proveniente da un’estrema destra, contigua al nazismo di nuova generazione, i cui adepti si esercitano indisturbati in campi paramilitari e, senza strumenti legislativi adeguati che possano colpirli (soprattutto in Italia!), navigano nella rete per diffondere il loro veleno.
Donatella Di Cesare, filosofa