Voci a confronto

Poche notizie anche sulla rassegna di oggi. C’è un tentativo di montare due casi intorno a Israele, uno perché, con tutte le cautele del caso, il servizio di sicurezza ha preteso di esaminare i reggiseno delle giornaliste che partecipavano a una conferenza stampa del primo ministro israeliano Netanyahu (cronaca della redazione della Voce repubblicana). Il secondo perché in Israele, come in tutti i paesi democratici, ci sono dei conflitti sociali, in questo momento uno sciopero dei medici e un’agitazione di giovani contro il caro casa. Giorgio Michele sul Manifesto cerca di marciarci e di vedere in questa faccenda una crisi del sistema politico ed economico israeliano, che invece in questo momento gode di una salute invidiabile, è la sola economia occidentale in forte espansione; ma deve ammettere che, a suo dispetto, i ragazzi che protestano contro il caro case a Tel Aviv non hanno legato questo fenomeno con “i costi delle colonie”. Che peccato… Meno tendenziosa, ma anch’essa decisamente fuori misura la cronaca di Davide Frattini sul Corriere, che parla di violazione del patto fondativo di Israele, per il fatto che nel boom vi sono profitti industriali notevoli e il mercato immobiliare è forte, e invoca il ritorno al mitico “spirito dei kibbutz”, che peraltro sono ancora lì, per chi vuole accettarne le regole. Certamente esiste un problema immobiliare in Israele, paese densamente popolato, e soprattutto al centro. Questo il governo lo sa e ha preso impegni per cambiare la situazione. Peccato che Giorgio e forse anche Frattini vorrebbero vietare le nuove costruzioni in Giudea e Samaria e anche a Gerusalemme…
Da leggere infine due articoli interessanti sui giornali anglosassoni. Sul Wall Street Journal Ariel Cohen invita l’America ad appoggiare Israele nella disputa sui confini marittimi (cioè sui giacimenti di gas) col Libano degli Hizbullah. Sheera Frenkel sul Times fa scandalo delle minacce israeliane di non adempiere più le clausole del trattato di Oslo se l’autorità palestinese infrangesse una proibizione esplicita del trattato andando a cercare il riconoscimento della sua statualità e dei suoi confini all’Onu, come minaccia di fare. E’ una polemica infondata, perché il trattato esclude esplicitamente che vi siano altri percorsi oltre alla trattativa fra le parti; ma temo che sarà un ritornello che sentiremo spesso.

Ugo Volli
26/07/2011