Voci a confronto

Nei giorni nei quali non vi sono episodi di particolare importanza (e verrebbe quasi spontaneo considerarli fortunati), i giornali si occupano di tante questioni tra le quali i lettori possono scegliere quelle di loro maggiore interesse. L’orchestra israeliana ha scelto autonomamente di suonare a Bayreuth un’opera del grande compositore, e Giulio Meotti analizza per i lettori del Foglio questa novità; dopo il concerto del 1938 diretto a Gerusalemme da Toscanini, quasi mai la musica di Wagner venne suonata in Israele, dove tuttavia nessuno nega la grandezza del compositore. Lo spiega bene Elie Wiesel che dice: migliaia di sopravvissuti sono furiosi e feriti, non c’è bisogno di infliggere loro questa musica. Lo comprende bene anche il pronipote Gottfried Wagner, e perfettamente scrive il Wall Street Journal, ripreso da Meotti: alla luce della recrudescenza dell’antisemitismo il divieto israeliano serve a ricordare che le idee hanno conseguenze. Oltre alle polemiche provocate da Barenboim che per primo suonò musiche di Wagner in Israele, le sale da concerto boicottarono grandi artisti come Furtwängler, Gieseking e Von Karajan. Alfredo Gasponi sul Messaggero, scrivendo sullo stesso argomento, riporta le parole del maestro Asher Fish secondo il quale forse l’orchestra israeliana, pagata dai contribuenti israeliani, avrebbe fatto meglio a lasciare tale iniziativa ad un qualsiasi altro grande complesso israeliano. E’ inoltre corretta l’affermazione che quella contro Wagner è l’unica forma di boicottaggio mantenuta ancora oggi contro la Germania che fu nazista, visto che, ad esempio, Mercedes e Wolkswagen vengono commercializzate normalmente. Pietro Del Re parla su Repubblica della inaugurazione della “piscina” sul fiume Giordano dove Cristo sarebbe stato “battezzato”; anche in questo articolo ritroviamo certe affermazioni alle quali questo quotidiano ci ha abituati. Dopo la definizione iniziale di “limacciosa pozzanghera” (dimenticando che questa è la realtà di tanti altri fiumi sparsi su tutta la terra, piccoli e grandi), Del Re scrive che tale luogo sarebbe “rimasto chiuso negli ultimi 44 anni”, cioè dalla guerra del ‘67, pur contraddicendosi nel seguito quando dice che i battesimi iniziarono negli anni ‘80, e che addirittura nel 2010 furono 60000 i credenti che si battezzarono in questo luogo denominato “Castello degli ebrei”. Non pochi per un luogo chiuso. Tutto quanto serve a denigrare lo Stato di Israele viene utilizzato da Del Re, che quindi non dimentica di parlare anche di una presunta lite tra il ministro israeliano dello sviluppo delle aree periferiche, presente all’inaugurazione, e quello del turismo, assente. Il Castello degli ebrei si trova “in territorio palestinese”, nella “cosiddetta area C” che tuttavia diventa, come per incanto, israeliano quando Del Re parla della disputa sulla scelta della sponda sulla quale sarebbe stato Cristo 2000 anni fa: quella giordana o quella israeliana. Peccato che, in mancanza di documenti, non si possa più chiedere a qualche testimone oculare una dichiarazione pro veritate. Un’altra testata che non si smentisce neppure oggi è Rinascita dove Matteo Bernabei firma un articolo completamente favorevole alla prossima conferenza denominata Durban 3. Forti sono le proteste in atto in Israele in questi giorni, e ne scrive ampiamente Aldo Baquis su La Stampa: l’economia israeliana sta dimostrando di essere una delle poche che riescono a passare indenne attraverso questa grave crisi mondiale; inevitabili, anche in Israele, alcune gravi tensioni, come quella dovuta alla mancanza di alloggi, ed al conseguente alto costo degli immobili, nonché quella causata dall’aumento di determinati prodotti di largo consumo o dalle tensioni che si registrano negli ospedali. Israele è sempre stato ferocemente dilaniato da tensioni interne, e così vale anche per il momento attuale nel quale Netanyahu dovrà dimostrare capacità di statista per uscire indenne dalla crisi. Davide Frattini sul Corriere dedica un articolo al progetto di recupero di un villaggio abbandonato dagli arabi nel ‘48, Lifta, citato nella Bibbia col nome di Mei Naftoah; in quella guerra gli abitanti “fuggirono e vennero cacciati”, scrive Frattini, riprendendo i commenti contrari al previsto recupero espresse dalla sociologa israeliana Daphna Golan, non per caso vicina a B’Tselem. Le parole in chiusura dell’articolo, pronunciate da un antico abitante di quel villaggio: “pensavamo saremmo stati via per poco”, avrebbero meritato di venire commentate. Liberazione dedica un articolo all’impiccagione fatta eseguire da Hamas di due uomini, padre e figlio, accusati di collaborazionismo; Amnesty International definisce illegittima e barbara questa esecuzione che tuttavia non sposterà di una virgola l’atteggiamento del mondo nei confronti di questo gruppo terroristico. Sul Fatto Quotidiano Giampiero Gramaglia riporta il grave rilievo mosso da una ONG israeliana che denuncia che la società anglo-danese G4S si occupa sia della sicurezza del parlamento europeo, che di quella delle carceri e dei check points israeliani. I dirigenti della G4S avrebbero dichiarato di voler mantenere, in avvenire, solo il contratto col parlamento europeo.
Di grande interesse l’articolo di John Bolton su Liberal che riprende le preoccupazioni mosse dal sottoscritto una settimana fa in questa rassegna in merito al via libera sostanzialmente concesso da Obama e da Hilary Clinton alla mediazione russa per risolvere il conflitto libico. Gravi saranno le conseguenze per l’Occidente che dovrà far fronte anche alle conseguenze che deriveranno da una inevitabile comprensione di questa realtà da parte di Iran e Corea del nord. Sullo stesso argomento scrive in modo condivisibile Maurizio Matteuzzi sul Manifesto aggiungendo che il mediatore giordano dell’ONU al Khatib starebbe ora lavorando anch’egli per una soluzione del conflitto che non prevederebbe l’allontanamento dei Gheddafi dalla Libia e forse neppure dal potere. Cristiano Tinazzi sul Messaggero aggiunge che i bombardamenti della Nato, tra alterne vicende belliche, avrebbero colpito anche un piccolo ospedale e dei magazzini di viveri. Parole, anche queste, che dovrebbero far meditare, e che invece, per questo conflitto (come ad esempio per quello bosniaco), sono riportate in modo asettico. Ancora su Liberal degne di nota le parole di Daniel Pipes sulla volontà di Obama di mantenere il MEK, principale gruppo di opposizione iraniano, nell’elenco dei gruppi terroristi per via dell’uccisione, negli anni ‘70, di 6 americani. Né precisi orientamenti giuridici, né tanti fatti recenti sembrano far cambiare idea ad un Obama che spera ancora, in tal modo, di poter migliorare le relazioni coi mullah…
Su Avvenire continua anche oggi l’opera di rielaborazione della figura di Pio XII; ora la fondazione Pave the way avrebbe trovato dei documenti che dimostrerebbero che il papa avrebbe salvato 11000 ebrei (o 4000, ma poco cambierebbe). Saranno gli storici che dovranno studiare questi documenti ed esprimersi nel merito; per il momento mi limito ad osservare che scrivere che la fondazione Pave the way è stata fondata “dall’ebreo Gary Krupp”, sebbene abbia una sua logica spiegazione nel contesto, è, per lo meno, censurabile nella forma.
Emanuel Segre Amar
27 luglio 2011