Voci a confronto

In questo inizio d’estate è forse opportuno aprire questa rassegna con l’articolo di Dario Calimani su Repubblica: “Ma quello è un ebreo di merda” ha detto una impiegata di Mediaworld, casualmente proprio di fronte ad uno di questi ebrei. Come sta attentamente esaminando il CDEC (presto usciranno nuove analisi a cura di Stefano Gatti al quale tutti dovrebbero inviare le informazioni in loro possesso su questo tema), il problema dell’antisemitismo sembra essere nuovamente in crescita, e forse, piuttosto che sulla mancanza di istruzioni da parte delle aziende, è sulla carente formazione scolastica che si dovrà lavorare. Guido Caldiron su Liberazione ricostruisce le vicende, non lontane da queste appena descritte, della vita di Alois Brunner: è stato il principale collaboratore di Eichmann e alla fine della guerra si è rifugiato prima in Egitto e quindi nella Siria degli Assad. Avrebbe forse potuto essere estradato nella DDR se non fosse crollato il muro, e così ha potuto vivere tranquillo fino alla fine dei suoi giorni (non vi sono notizie recenti di Brunner, ma é probabilmente morto, essendo nato 99 anni or sono). Manca, purtroppo, nell’articolo di Caldiron, qualsiasi analisi sulla vicinanza dei regimi arabi alle idee ed agli uomini del III Reich. Se poi si vuole comprendere a fondo dove i regimi islamisti rischiano di portare il mondo, basta leggere l’editoriale pubblicato su Avvenire; non vengono riportate le parole lasciate scritte dai terroristi palestinesi nella basilica di Betlemme: “Prima quelli del sabato, poi quelli della domenica”, ma viene evidenziata proprio questa volontà. L’Iraq sembra infatti arrivata alla fase finale, e dopo essere diventata judenfrei, oggi ha iniziato la sua guerra ai cristiani, da sempre abitatori delle terre tra il Tigri e l’Eufrate.
Se adesso ci si rivolge alle vicende israelo-palestinesi, non si può non osservare quante pericolose falsità siano pubblicate, proprio su Avvenire, dalla penna di Riccardo Redaelli; leggiamo infatti: “precedenti dichiarazioni ONU richiedono il COMPLETO ritiro di Israele dai territori occupati, Gerusalemme compresa”, “Israele sa quanto l’occupazione strida con il DIRITTO INTERNAZIONALE”, e così via. In questo articolo, tuttavia, va rilevata quella che sembra essere una nuova accusa ad Israele, colpevole, tra l’altro, come tutti abbiamo letto, di risposte sproporzionate; oggi infatti Redaelli ha trovato una nuova colpa dei governanti israeliani: “I palestinesi hanno la consapevolezza che i negoziatori israeliani, nelle discussioni specialistiche, sono meglio preparati e informati (di loro ndr). Nei tavoli tecnici non potremo mai imporci” dichiarano infatti i poveri negoziatori palestinesi. Grave colpa di Netanyahu & C, da denunciare presto all’Assemblea dell’ONU? Se vogliamo cogliere un’altra testata che scrive parole prive di senso, raccomando la lettura di Europa dove Yuro Bugli scrive che la tregua firmata ad Annapolis nel 2008 fu rotta non solo dai razzi Qassam, ma anche “dai raid israeliani su Gaza”. Forse che i governanti israeliani, a seguito di quella firma, avrebbero dovuto osservare la tregua di fronte a quei lanci di razzi (ad oggi sono oltre 10000)? Nello stesso articolo Bugli falsifica anche la posizione di Netanyahu, la cui politica sembra essere ben chiaramente esposta, e non affatto di cedimento tardivo alla volontà di Obama come si vorrebbe far credere. Una breve pubblicata su Repubblica parla della decisione della Corte Suprema di far smantellare la colonia di Migron, ma il quotidiano, come sempre severo con Israele, anziché evidenziare come funziona la giustizia in Israele, (la colonia è stata costruita su terre private), preferisce scrivere delle falsità destinate ad ingannare i lettori, come l’affermazione secondo cui Migron sarebbe “la più grande colonia ebraica della Cisgiordania” (50 famiglie!). A chiusura di questa carrellata di notizie da Israele, raccomando la lettura di Abraham B. Yehoshua che, su La Stampa, pubblica una attenta analisi della società israeliana di oggi e della realtà della sua gioventù. Giustamente Yehoshua osserva le grandi differenze tra le manifestazioni che agitano le strade israeliane e quelle dei paesi limitrofi, ma forse lo scrittore si lascia trascinare da qualche debolezza dovuta al suo profondo attaccamento ad un laburismo che oggi, in Israele, sembra essere quasi del tutto scomparso dalla scena politica.
A 20 chilometri dal centro del Cairo inizia il processo a Mubarak, ai suoi due figli e ad alcuni dei suoi principali collaboratori; nell’aula è stata eretta una enorme e solida gabbia dove l’ex rais si presenterà, come scrive Viviana Mazza sul Corriere,; ma come scrive giustamente Franco Venturini sullo stesso quotidiano, questo non è di sicuro un buon esempio di quella giustizia che i dimostranti egiziani reclamavano. E non dimentichiamoci, scrive ancora Venturini, che se Bush jr si fece sentire almeno un poco col rais Mubarak, gli europei non ci pensarono affatto. Se poi si pensa che il capo di oggi dell’Egitto è quel generale Tantawi che fu ministro della difesa per 20 anni dell’uomo oggi sotto processo, le conclusioni non possono che essere ben chiare. Vincenzo Nigro su Repubblica sembra credere al modo in cui si svolgerà il processo a Mubarak, mentre non dimentica di ricordare che il rais non faceva processi ai Fratelli Musulmani che incarcerava, torturava e metteva a morte senza processo.
Numerosi sono anche gli articoli che guardano a quanto succede in Siria, dalla cui capitale Damasco il nostro ministro Frattini ha richiamato l’Ambasciatore. E’ difficile andare oltre queste gesta dimostrative in una realtà che vede l’ONU bloccata dalla volontà dei paesi BRICS (ma sono davvero “democrazie consolidate” come scrive Ippolito sul Corriere?); Dan Vittorio Segre sul Giornale fa una attenta analisi di quanto potrà succedere in quel paese con queste realtà internazionali. Gli articoli di Danielle Pletka e di Pierre Chiartano pubblicati si Liberal evidenziano che Obama non fa assolutamente nulla su quel fronte, ed i turchi si limitano, dopo aver dimenticato la stretta amicizia con Assad, a parlare senza muoversi. Joshua Landis, ancora su Liberal, ha forse scritto l’analisi più approfondita sulla realtà della Siria di oggi. In difficoltà appare Umberto De Giovannangeli che, su lUnità, non può certo elogiare la decisione di Frattini, mentre non può neppure sottacere le mostruosità compiute da Assad.
Infine l’International Herald Tribune sembra credere che gli USA riusciranno a fermare la bomba nucleare iraniana con mezzi pacifici; in questo momento, scrive questa testata, Obama sta sequestrando le proprietà immobiliari iraniane negli USA… Israele, invece, preferisce altri mezzi, come scrive Le Figaro: il nuovo comandante del Mossad continuerebbe le uccisioni, iniziate dal suo predecessore, dei principali fisici nucleari, ultima in ordine di tempo quella di Darius Rezainejad. Ma scrivere che il Mossad rivendica chiaramente l’attentato è un altro falso di un altro giornalista.

Emanuel Segre Amar