Voci a confronto

Nella giornata di oggi i giornali non riportano grandi novità dai vari fronti, e ne approfittiamo per mettere in evidenza quanto succede nella vicina Francia, come viene segnalato dal Corriere con due articoli di Stefano Montefiori, e, soprattutto, da Le Monde con un articolo firmato da Claude Lanzmann. E’ ben noto che nella Repubblica transalpina le parole straniere devono essere sempre sostituite da “equivalenti” parole francesi, e così, per fare un esempio banale, l’universale termine software viene sostituito con il francese logiciel. La circolare N° 7 del settembre 2010, sfuggita all’attenzione dei più, ha deciso che la parola Shoah deve sparire dai testi scolastici, per essere sostituita da anéantissement, termine che di sicuro non può essere considerato equivalente. Anéantissement, da solo, non spiega tutto, come fa invece Shoah, ed allora deve essere unito ad altre parole, come “degli ebrei”, oppure “del regime nazista” e così via. Da un presidente come Sarkozy e da un Primo ministro come Fillon, scrive molto bene il regista Lanzmann, nessuno avrebbe potuto aspettarsi una simile mossa che, pubblicata meno di un anno fa, è subito stata messa in pratica dagli editori d’oltralpe. Tale solerzia diventa comunque sospetta leggendo sul manuale di storia di Hachette, nel recente passato già al centro di altre polemiche simili, che, mentre scompare il termine Shoah, fa la sua apparizione il termine Nakba. Che sia questo un segno premonitore per la Francia?
Sul Figaro viene pubblicato un articolo di Dore Gold, già ambasciatore di Israele alle Nazioni Unite, che fa osservare che i paesi firmatari nel 1995, come testimoni, degli accordi di Oslo, garantivano che non sarebbe stato possibile modificare, con un atto unilaterale, lo statuto giuridico della Cisgiordania e di Gaza. Se ora la UE voterà in favore della costituzione dello stato di Palestina, quale sarebbe la fiducia che gli israeliani potrebbero riporre in futuro in simili partner del processo di pace?
Guido Olimpio sul Corriere scrive che Hezbollah si sarebbe installato a Cuba con una nuova centrale destinata a preparare “azioni” nelle Americhe, del genere, per intenderci, di quelle che hanno colpito, ad esempio, l’Argentina. Non è stata invece pubblicata da alcun nostro giornale una notizia che riguarda il “moderato” Mahmoud Abbas, che ha dichiarato di avere “completa fiducia nella avvedutezza del presidente sudanese Omar al-Bashir”, ricercato dal tribunale internazionale dell’Aia per crimini contro l’umanità. Su entrambe queste notizie, quella relativa al regime terrorista di Hezbollah e quella relativa al moderato Abu Mazen, farebbero bene a riflettere tutti.
Tale capacità di riflessione appare, tuttavia, molto dubbia se si leggono parole come quelle scritte da Massimo Nava sul Corriere di oggi. Scrive infatti Nava: “alcuni regimi sono crollati, altri hanno messo mano alle riforme e cominciano timide aperture (qui non specifica se per caso si riferisca alle riforme annunciate da Assad ndr). Persino l’Iran prende le distanze dall’alleato siriano, criticando la violenta repressione (e qui dimentica che Assad è stato aiutato dai pasdaran ndr). Solo Algeri prosegue l’immobilismo interno”. Queste, ripeto, sono le parole pubblicate oggi dal Corriere che dimostrano che non si vuole comprendere affatto quanto sta succedendo nel mondo islamico. In fondo non è questa un’analisi molto meno criticabile di quella fatta da Tommaso Di Francesco che sul Manifesto fa una panoramica di quanto succede nei vari paesi pronti ad abbattere tirannie all’estero, ma altrettanto pronti ad opprimere in casa loro. Questo vale per il Qatar come per l’Inghilterra, la Francia e la Turchia. Trattandosi poi del Manifesto, non poteva mancare, in chiusura, un riferimento destinato ad aizzare il lettore contro “Israele che scalpita per risolvere la crisi siriana pensando di bombardare. Come del resto fa con i “ribelli” palestinesi ogni giorno a Gaza e con l’occupazione della Palestina da più di sessanta anni”. Già, da quando è nato lo Stato di Israele, a dimostrazione che, quando si parla di occupazione, non ci si riferisce a Giudea e Samaria, ma, come dicono appunto tutti i fondamentalisti palestinesi, ad ogni centimetro del territorio di Israele. Difficile da condividere è anche il pensiero di Umberto De Giovannangeli che scrive su l’Unità di aver potuto vedere in anteprima la futura Carta Libica, la quale, all’art. 1, prevede che l’unità araba è un obiettivo del popolo libico. Non si accorge De Giovannangeli che questa è la volontà dichiarata di arrivare al gran califfato?
Diversa, ma in fondo non poi tanto, è la riflessione che si deve fare dopo aver letto Alberto Melloni che, sul Corriere, scrive che Erdogan ha deciso di restituire alle comunità religiose della Turchia i beni confiscati nel 1936. Bartolomeo I potrà forse essere lieto e vedere un futuro meno cupo per la Chiesa di Costantinopoli, ma ci si deve anche chiedere se questo non debba essere visto come un ulteriore passo verso la ricostituzione dell’Impero Ottomano, dopo il totale annientamento del lascito di Ataturk.
Un’ultima riflessione invito a fare sulla notizia dei giorni scorsi che riferiva che i rappresentanti della rivoluzione libica hanno fatto sapere che non estraderanno nessun libico a nessun paese straniero. Tale affermazione è stata fatta in risposta alla richiesta di riconsegnare il terrorista Abdelbaset al-Magrahi all’Inghilterra che lo aveva liberato nell’agosto del 2009, quando aveva dichiarato che si trattava di un atto umanitario dovuto, avendo egli “non più di tre mesi di vita”. Sono passati ora due anni nei quali egli ha potuto portare tutto il suo sostegno al rais, fino al luglio di quest’anno, data della sua ultima apparizione pubblica. Impari l’Inghilterra, in futuro, a rispettare meglio le vittime degli atti terroristici che avvengono sul suo territorio, pensando al fatto che, altrimenti, saranno inevitabili ulteriori violenze sul territorio del regno.

Emanuel Segre Amar

P.S. Alcuni giorni orsono Hamas ha impedito ad alcuni giovani palestinesi che avevano vinto delle borse di studio in occidente di lasciare la Striscia “per paura di contaminazioni”; questa mattina al GR3 delle 6.50, il giornalista ne ha riferito dicendo che i giovani non possono partire a causa della blindatura del paese, ed ovviamente un ascoltatore ha telefonato indignato contro gli israeliani. E’ questo il modo corretto di divulgare le notizie?
Però, nonostante tutto l’odio, Israele esiste, ed esistono anche quelli che la amano. Quindi anche oggi i nostri nemici hanno fallito, e noi possiamo andare avanti, sicuri del fatto nostro.