La sinistra, la destra e noi

Si fa un gran parlare di «sinistra». Gli ebrei di sinistra sarebbero salottieri, tendenzialmente opportunisti, assimilati, un po’ anti-israeliani. La loro icona sarebbe Moni Ovadia, che a Siena ha coinvolto i numerosissimi spettatori senza neanche nominare Israele.
Questa rappresentazione grottesca rischia di essere fuorviante: sul piano storico potremmo ipotizzare che questa idea coincide con lo spostamento della leadership ebraica dal Nord alla comunità di Roma, maggioritaria sul piano demografico. Mentre sul piano culturale potremmo sottolineare alcune analogie con stereotipi del discorso pubblico – chessò? – leghista (anche i romani sono salottieri, opportunisti, parassiti e contro il Nord).
Ma c’è di più. La parola «sinistra» rimanda a concetti nobili come libertà e uguaglianza. Ma il dibattito intra-ebraico non si interessa a queste categorie. Anzi, la capacità dell’ebraismo di esprimersi su questioni generali sembra diminuire. L’unico argomento di quest’antinomia destra-sinistra è Israele. Senza contare che nessuno si definisce di «destra» tra gli ebrei italiani, forse per un retaggio storico, ma solo «contro la sinistra».
Se gli ebrei della Diaspora concordano sul sostegno allo stato d’Israele, l’eterna questione riguarda il «come». Secondo i sinistri occorre supportare criticamente, provando anche a correggere la rotta; secondo i «senza se e senza ma» Israele va sostenuto, punto. Ma la mia domanda è: di fronte a centinaia di migliaia di israeliani che protestano per la casa, contro la povertà, per lo stato sociale, dov’è la sinistra? Non sono forse tematiche specificamente di «sinistra»? Non sarebbe auspicabile, per il nostro dibattito interno e persino per Israele, che la sinistra ebraica, se c’è, parlasse a voce più alta?
La verità è – io temo – che in tutta questa storia destra e sinistra c’entrano poco, e forse c’entra poco persino Israele. Non sarà che attaccare gli ebrei di sinistra serve a raccogliere consensi? Non sarà una bufala?

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas