Qui Pisa – Un anno per l’orgoglio

A tutti voi che ci leggete giunga da Pisa l’augurio di un bel 5772. Siamo già arrivati al nuovo anno ebraico e siamo pronti a voltare pagina. Sono belli gli inizi, perché consentono di cercare e vedere nuovi orizzonti. Ed è altrettanto bello poterli trovare nelle nostre tradizioni e nella nostra vita comunitaria. Per quel che riguarda Pisa, poi, è una gran soddisfazione, soprattutto di questi tempi, quando sembra che molte difficoltà ce le siamo lasciate alle spalle. La chiusura del vecchio anno ha portato a Pisa una iniziativa piena di significato che non a caso si è svolta nella nostra Città. Con la collaborazione della nostra Comunità e del Centro Interdipartimentale di Studi Ebraici dell’Università di Pisa e sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, da una iniziativa del Comune di Pisa ha avuto luogo “Pisa non dimentica”, iniziativa svoltasi il 5 Settembre nell’anniversario della firma delle leggi razziali avvenuta proprio a Pisa, precisamente nella tenuta di San Rossore. Il programma delle iniziative è stato articolato e ha trovato la presenza di Renzo Gattegna, Presidente UCEI. Ne parlo nell’occasione degli auguri per il nuovo anno perché “Pisa non dimentica” ha seminato qualcosa che speriamo possa crescere nei mesi che verranno. In un contesto sociale che propone nuove forme di antisemitismo e discriminazione su più livelli e fronti, c’è la necessità di fissare dei paletti attorno ai quali la “memoria” possa tradursi non in ricordo ma in azione.
Quindi un primo augurio che mi sento di fare per il 5772 riguarda la memoria.
Molto si è detto su quello che potremmo chiamare “il valore della memoria”: ma il vero senso che porta con sé è quello di fare diventare la memoria il presente. Nulla può essere fatto e detto se non vi sono basi forti delle quali non si possa fare a meno.
L’importanza di iniziative come questa che abbiamo avuto a Pisa hanno il compito non di portare semplicemente il pensiero a chi è stato tagliato via dalle leggi razziali, o ricordare i fatti della storia, o condannare la discriminazione, il pregiudizio, l’ingiustizia e la persecuzione, ma far diventare tutto questo “azione del quotidiano” e responsabilità degli uni verso gli altri, ciascuno lottando per i diritti (e i doveri) dell’altro, nei piccoli gesti come nei grandi. Sono convinto che la libertà di ciascuno è la libertà di tutti. È fondamentale che, in questo, ognuno faccia la propria parte, in ogni occasione.
Augurandoci questo e cambiando piano di lettura, nell’ottica a me tanto cara dello “sporcarsi le mani”, ecco… ce le siamo sporcate e continueremo a farlo anche nell’anno che abbiamo davanti e invitiamo i “sostenitori della nostra Keillah” a fare altrettanto. Abbiamo dato una sistemata all’edificio sinagogale con un bel restyling della facciata, parte di una operazione assai più complessa che ha visto il pieno recupero del tetto del Tempio, operazione onerosa (veramente onerosa!) che ha creato alla nostra Comunità problemi enormi. La forza di volontà che ci abbiamo messo è stata tanta e altrettanti i sacrifici, professionali e umani, ma ce l’abbiamo fatta. Come detto, siamo riusciti anche a recuperare l’esterno del Complesso sinagogale, consegnando ai nostri correligionari ma anche a tutta la cittadinanza uno dei più bei palazzi del centro storico.
Il 5772 prevede nuovi lavori, all’interno della sinagoga, per recuperarla alla fruizione di tutti con il ripristino degli affreschi, rimasti danneggiati dalle infiltrazioni e dall’inclemenza del tempo. Insomma, abbiamo nuove sfide da affrontare e, ecco il secondo augurio, ci piacerebbe avere il sostegno di tutti.
Il giornale che ospita questo mio messaggio è fatto da molte parole e tra tutte quelle che ci sono ne voglio scegliere una: “responsabilità”. E’ arrivato il momento che ognuno di noi diventi responsabile, con la “erre” maiuscola. Che ognuno di noi prenda il valore della realtà che lo circonda e proponga risposte che ormai non possono essere più procrastinate!
La realtà ebraica italiana, forte di una lunga e profonda tradizione (che significa anche “sano radicamento”), soprattutto in questi ultimi anni sta scivolando sempre più verso la china della disgregazione e dello sfilacciamento, che parte non tanto da una “assimilazione” mal interpretata, ma dal sollevarsi dalla propria identità.
È una posizione (o una opinione) forte, questa. Quello che voglio intendere è che spesso lasciamo dormire, come “chiusa in un cassetto”, la nostra tradizione, specchio e tramite del nostro agire quotidiano. Dobbiamo invece nutrirla e tenerla ben sveglia, riscoprendo il nostro vivere ebraico, dentro e fuori la Comunità. Sì, dentro e fuori: non esistono interruttori “acceso/spento” e non esistono scuse, perché non si smette di essere ebrei al di fuori del consesso comunitario, talvolta molto comodo, tanto comodo da diventare spesso un alibi.
È chiedere troppo con questo terzo augurio? Non credo, ma se anche lo fosse è doveroso metterci l’accento sopra.
L’anno che abbiamo di fronte vogliamo incasellarlo come “anno della costruzione”. Ho scritto giusto: non della “ricostruzione” ma proprio della “costruzione”. Spesso è bene ricominciare da capo, piuttosto che lavorare su un terreno che ormai non da più niente. Vogliamo far entrare aria nuova, che ossigeni le nostre risorse, anche e soprattutto quelle morali e intellettuali. E per farlo ognuno di noi deve offrire la propria parte. Ed ecco qua che torna la responsabilità da me auspicata poc’anzi. E’ l’ora di nuovi inizi.
La Comunità è la casa di tutti noi e chi lo dice è nella Keillah pisana da quando è nato, ormai molti anni fa. Ogni occasione dovrebbe essere vissuta come momento di incontro e condivisione comunitaria.
Il momento dell’incontro è fondamentale, in generale; in misura maggiore lo è per le Comunità piccole (ma gagliarde) come la nostra, dove è compito di ognuno portare la propria presenza e le proprie idee per rendere le quattro mura della Sinagoga un luogo vivo e “rumoroso”.
La vita comunitaria, al di là degli impegni individuali e degli obblighi lavorativi che condizionano il nostro tempo privato, deve vivere di un tempo pubblico, quello cioè che consente di ritrovarci tutti assieme per gli Shabbatot e le ricorrenze del calendario ebraico.L’invito, pertanto, è che ognuno di noi ritrovi l’orgoglio di far parte della Comunità e ritrovi pure il bisogno di “fare gruppo”, partecipando sia alle Tefillot sia alle varie iniziative che organizziamo.
La Comunità ha bisogno di ripartire da queste basi e dare così uno scatto di reni a una situazione che la vede piuttosto addormentata.
Cerchiamo quindi, io per primo, di dare il massimo, sforzandoci anche nei momenti in cui ci sembra di fare fatica e che ci manchi la motivazione!
Come Consiglio, per quelle che sono le limitate possibilità (soprattutto economiche) della Pisa ebraica, cercheremo di garantire, come abbiamo sempre fatto, le attività religiose e di raccoglimento, momento fondamentale per qualsiasi Comunità. E cercheremo sempre nuove occasioni di incontro e, perché no?, confronto.
Riflettiamo insieme su queste considerazioni, sperando di trovarci tutti migliori nella prossima occasione.
L’augurio è che ognuno di noi si ricordi di chi è, della propria storia e della necessità di trasformarla nel proprio futuro.
Shanà Tovà ve-Hatimà Tovà!

Guido Cava, presidente della Comunità ebraica di Pisa