L’arte di mediare conflitti

Ha maturato una lunga esperienza sul campo lavorando nelle Comunità di Torino, Milano, Trieste, Firenze. Ha conosciuto i volontari e i dipendenti – dagli insegnanti agli amministrativi agli operatori culturali. E in ciascuna realtà ha potuto toccare con mano le diffidenze reciproche e le crisi, i problemi e le motivazioni dei singoli, leggendone, con la serenità possibile solo a chi non è coinvolto in prima persona, i meccanismi e le possibilità di soluzione. Daniel Segre, psicologo sociale, porta anche questo bagaglio d’esperienza nel nuovo progetto del Centro studi e formazione del Dec che lo ha avuto fra i protagonisti del gruppo di lavoro che ne ha definito i contenuti e lo vedrà quale docente di mediazione dei conflitti comunitari.
“Alla base del corso – spiega – vi è il concetto che anche la semplice opportunità di incontrarsi, conoscersi meglio e scambiare opinioni può aiutare i diversi target a svolgere meglio le proprie funzioni”.
“È una convinzione – continua – che abbiamo maturato nell’ambito del lavoro relativo al Forum dei presidi, coordinatori e vicepresidi: l’aver creato un gruppo specifico di persone che affronta temi specifici del loro lavoro aiuta i partecipanti, anche al di là degli input che possono essere loro forniti, per il semplice fatto che discutono finalmente di temi e problemi che ciascuno pensava riguardassero solo lui. Rendersi conto che scuole piccole e grandi, al di là del numero degli alunni e dei docenti, in molte cose hanno le stesse criticità è uno stimolo potente a superarle”.
Da qui la decisione, nel prossimo corso del Centro studi e formazione, di fornire a ciascun gruppo gli elementi metodologici e formativi più adeguati, lasciando poi a ognuno lo spazio per riconoscersi, parlare, confrontarsi.
“Sotto lo stesso tetto – dice Segre – si incontreranno anche altri gruppi con attività collaterali che di nuovo permetteranno di confrontarsi e comunicare insieme. Questa possibilità di scambio è molto carente nel mondo ebraico italiano, dove le riunioni rientrano di solito uno schema di incontri politici. Allargare le frontiere, ampliare gli orizzonti, vedere cosa succede è invece molto importante. Oggi ciascuno si preoccupa delle sue cose ma considerando che le problematiche sono simili per tutti, uno scambio di opinioni ed esperienze per affrontare le questioni da angoli visuali diversi non ha prezzo”.
È un’opportunità particolarmente preziosa per le nuove generazioni di leader. “Ci sono ad esempio presidenti di Comunità giovani che prima non hanno avuto l’opportunità di inserirsi in un certo mondo ebraico e che ora si ritrovano con determinate responsabilità. Vale la pena metterli in comunicazione con gli altri così da creare insieme di Comunità che discutono, parlano, condividono”.
La cosa più importante, ripete Daniel Segre, è ampliare il concetto di dialogo e moltiplicarne le opportunità. Per questo anche nel modulo dedicato alla comunicazione ci si concentrerà sulle strategie per costruire un clima attento e rispettoso dell’altro. “Vorremmo dare un’iniezione di positività al lavoro delle Comunità per trasmettere il messaggio che una certa attitudine verso la comunicazione, il conflitto e l’accettazione del diverso può aiutarle a scoprire se stesse”.
“Ci attende, come docenti, il difficile compito di trasmettere questi valori e di esserne in qualche modo un esempio. Non possiamo limitarci a fornire degli elementi tecnici. Si tratta invece di creare un principio di movimento, un cambio di atteggiamento. Nelle Comunità ebraiche italiane molto finora è stato fatto per intuizione o reazione. Dobbiamo riuscire a trasformare questa situazione che rischia di produrre uno stato di stallo con uno spirito proattivo”.
“Il nostro dovere, conclude Segre, è dare il giusto supporto perché ciò possa accadere”.

Daniela Gross (Pagine Ebraiche, novembre 2011)