Voci a confronto
A 32 anni da quando i seguaci di Khomeini occuparono l’ambasciata americana sequestrando tutti i diplomatici per 44 giorni, a Teheran un’altra ambasciata è stata assalita. Oggi, tuttavia, gli inglesi sono stati quasi subito liberati, addirittura con “parole di scuse” espresse dal ministro degli esteri iraniano al suo omologo inglese, e ulteriori “parole di rammarico” espresse a commento di quanto accaduto. L’episodio del 1979 cambiò le sorti politiche del mondo, portò alla mancata rielezione di Carter e all’ascesa di Ronald Reagan; cosa succederà dopo l’episodio di ieri? L’Inghilterra dispone a Teheran di una sede di 200.000 metri quadri, con un immenso parco che è stato oggetto, in passato, di scaramucce tra i politici dei due paesi, gli uni accusati di voler espropriare quello che è un simbolo sopravvissuto dell’antico impero britannico, e gli altri di non proteggere a dovere la vita delle piante (rimaste prive dell’acqua necessaria, non fornita dalle autorità cittadine).
I commenti di oggi sono di grande interesse, e rispecchiano, ancor più del solito, le linee politiche dei giornali sui quali sono pubblicati.
Vittorio Zucconi, su Repubblica, parla di “una sceneggiata preventiva per dissuadere USA e GB, e soprattutto Turchia (Turchia?) ed Israele dalla tentazione di una guerra aerea contro le centrali nucleari iraniane”. Alex Van Buren, ancora su Repubblica, intervista Patrick Seale, designato come “uno dei più profondi studiosi britannici del MO”; leggiamo così che Seale dichiara che il recente rapporto dell’AIEA “contiene solo supposizioni … e non fornisce prove concrete o fatti nuovi”. Proseguendo nella lettura si trova che “America ed Israele (anche la bandiera israeliana è stata bruciata dai manifestanti di Teheran, ndr) hanno scelto di demonizzare la repubblica islamica anziché risolvere la questione attraverso la politica e la diplomazia” (sic). Van Buren fa ancora dire al suo esperto britannico che “Israele vede una minaccia al monopolio nucleare” (solo questo? ndr), e che “l’Iran non ha attaccato altri paesi nella storia moderna; perciò la via dello scontro anziché della diplomazia è avventata”. Tutte queste parole sono riportate su Repubblica di oggi. Per fortuna che Fiamma Nirenstein ci risolleva lo spirito scrivendo che “il regime iraniano ringhia senza troppo mordere.” L’ultima deflagrazione che si è udita in uno dei tanti centri nucleari iraniani “forse dimostra che qualcuno dall’interno aiuta un’azione internazionale.” Si parla di CIA e di Mossad, ma non si dimentichi l’adirata Arabia Saudita. Gian Micalessin spiega che l’attacco è stato portato contro l’Inghilterra perché questa è una della nazioni più risolute contro la Siria di Assad, fondamentale alleato dei mullah sciiti. L’Avvenire pubblica un editoriale dove si legge che “l’Iran è antagonista con l’occidente, e culturalmente intimo ad esso”, ma che soffrirebbe di “una schizofrenia causata dal vedersi rifiutato (rifiutato?). L’editorialista conclude inquadrando quest’ultimo episodio nello scontro interno tra Khamenei ed Ahmadinejad, accusato di non controllare la situazione. La stessa visione di un conflitto interno la si ritrova nel commento di Gabriel Bertinetto su l’Unità. Guido Olimpio per il Corriere scrive che gli ayatollah pensano che una guerra contro di loro non sia imminente, ed iniziano quindi una guerra di nervi per obbligare l’avversario a fare un passo indietro (non si deve dimenticare la recente scoperta di una centrale di spionaggio); i partner economici (e tra questi, in prima fila, vi è l’Italia) saranno forse i primi a rimetterci in questa situazione di crisi. Paolo Mastrolilli per la Stampa intervista Kathryn Koob, che fu addetta culturale USA a Teheran nel 1979, e quindi detenuta con gli altri diplomatici; ella ci conferma che gli iraniani sono un popolo meraviglioso, con molto talento ed una grande cultura, ostaggio di pochi estremisti che impongono comportamenti insensati. Per la Koob è certo che alla fine l’intelligenza degli iraniani prevarrà e quel popolo riuscirà a liberarsi.
Solo delle brevi si trovano oggi su numerosi quotidiani per divulgare un episodio che, al contrario, dovrebbe essere ben analizzato; per la prima volta dal 2009 4 razzi sono stati sparati dal Libano verso la Galilea, causando, per fortuna, solo un incendio e pochi danni materiali. Ma questo episodio, rivendicato dalle brigate d’Abdallah Azzam, non deve essere sottovalutato, e certamente, nel prossimo futuro, dovremo riallacciarci ad esso.
Dopo le elezioni tunisine e quelle marocchine, sono iniziate ora quelle egiziane; Giuseppe Sarcina sul Corriere scrive che in tutti i tre paesi i blogger rivoluzionari, gli attivisti, sono stati omaggiati, ma è stata solo un’illusione ottica. Ovunque vi è un corpo sociale insicuro ed impaurito, che capisce solo il linguaggio più antico. Yakoubi Saber, per Rinascita, scrive che in Tunisia ha vinto il partito islamico “moderato” di Ennahda, definito moderato anche se nel titolo si afferma che tale partito “sostiene Hamas”. Dopo aver ricordato ai suoi lettori che “gli abitanti di Gaza ricevono missili al posto di vestiario e di generi di prima necessità” (a questo proposito ho a disposizione, per i lettori di questa testata ogni genere di documentazione che possano desiderare per dimostrare il contrario), Saber insiste sulla “moderazione” dei vincitori di Tunisi scrivendo che l’esito delle elezioni è stato identico in Tunisia ed a Gaza, e che il vincitore al Ghannushi vede Israele come “Stato canaglia”; per fortuna si apprende anche che “Hamas tende le mani a tutte le religioni”. La chiusura di questo articolo, tutto da leggere, afferma che non si può ritardare la primavera, ed oggi è primavera. Molto strana è anche l’intervista che Ugo Tramballi ha fatto, per Il sole 24 Ore, ad un candidato nelle elezioni egiziane: un tal al- Kandra, copto che si presenta coi Fratelli Musulmani. Considerato un traditore, non potrebbe entrare in una chiesa senza correre gravi rischi, e il suo pensiero è davvero tortuoso: egli si definisce nasseriano, ma si allea con quegli islamici che Nasser fece arrestare. E’ sicuro, al Kandra, che i Fratelli Musulmani non imporranno la sharia, ma viene da chiedere se Tramballi è sicuro, lui, di aver trovato la persona più significativa da intervistare.
Il solito Michele Giorgio fa fantapolitica sul Manifesto, scrivendo di due alternative possibili: lo sceicco al Jaabari sarebbe stato scelto da Netanyahu per sostituirsi ad Abu Mazen e annullare la presenza dell’ANP; se tale strada fallisse, si vorrebbe affidare il controllo della Cisgiordania alla Giordania (ma dimentica Giorgio che il re aveva voluto uscire definitivamente da quel ginepraio).
Il Corriere, infine, parla di un social network che non viene cancellato su Facebook e che in solo 47 giorni ha superato i 30000 visitatori; Alessandra Mangiarotti ha trovato che si fa “umorismo” su ebrei, bimbi down, e vittime di pedofilia. Facebook non sembra intervenire, ma questo sia motivo di riflessione su questo specchio della società, anche di quella italiana, purtroppo.
Emanuel Segre Amar