Voci a confronto

Tutti i quotidiani dedicano oggi una certa attenzione alla lista di personaggi, più o meno in vista, che viene messa in rete da un sito statunitense; Lerner come Costanzo, Pacifici come Adel Smith e don Ezio Segat sono uniti dalla “colpa” di non essere razzisti, nel senso di non essere difensori della razza bianca, e il procuratore torinese Caselli, come osserva la Stampa, si dichiara serenamente dispiaciuto di essere stato dimenticato dagli estensori di questa lista. La nostra polizia cercherà ora di arrivare all’identificazione del PC incriminato, ma come ancora ieri faceva osservare Stefano Gatti, attento ricercatore del CEDEC, la polizia farebbe bene a indagare anche su siti di casa nostra, scatenati contro chi, come il neo-ministro Riccardi, recentemente in visita al campo rom e alla Comunità Ebraica di Torino, viene fatto oggetto di ignobili parole.
Europa dedica un breve articolo alla riunione tenutasi a Montevideo dal Mercosur che, come pochi giorni fa l‘Unesco, riconosce ora lo stato di Palestina coi “confini” del ‘67; il lettore di Europa potrà vedere che Gerusalemme è definita la capitale del nuovo stato, mentre le proteste di Ron Gerstenfeld, ambasciatore di Israele, sono riportate come quelle “dell’ambasciatore di Tel Aviv”. Così va il mondo è l’unico commento che mi viene da fare. Ed infatti Laurent Zecchini, sempre severo con Israele nei suoi articoli ospitati da Le Monde, dedica il suo articolo odierno alle nuove costruzioni decise dal governo Netanyahu a Gerusalemme e in prossimità di Betlemme; di ben noti problemi posti dalla popolazione araba non se ne trova traccia, come al solito, nei suoi articoli, ma, al contrario, il giornalista vede una pericolosa coincidenza tra questa politica di colonizzazione ed i recenti attacchi di alcuni coloni contro Tsahal (tacendo le chiare dichiarazioni di politici, religiosi e militari israeliani). Sorprende oggi, per una volta in senso positivo, il ben noto Michele Giorgio che, scrivendo per il Mattino, intervista il professore dell’università Bar Ilan Efraim Inbar, e rende pubbliche delle verità che, abitualmente, nasconde ai lettori del manifesto, dove scrive quotidianamente.
Viviana Mazza sul Corriere dedica un articolo alla “ragazza con il reggiseno blu”, così come, in modo simile, fanno praticamente tutti i quotidiani; questa giovane egiziana preferisce ora nascondersi in casa e non far trapelare neppure il proprio nome dopo che su you tube è stato postato il video che la vede manganellata e lasciata quasi nuda sull’asfalto dai soldati egiziani. Come ieri un giovane venditore ambulante tunisino che si è dato fuoco, e prima un’altra giovane iraniana uccisa dalla polizia dei mullah iraniani, così è ora questa altra giovane a diventare un’icona della rivolta anti-regimi. Ma è ancora presto per poter capire come finiranno queste tragiche vicende, anche se sembra difficile poter essere ottimisti.
Altro argomento trattato da tutte le testate è la situazione dell’Iraq dopo il definitivo ritiro dei soldati USA; sono appena partiti gli ultimi contingenti e già gli sciiti filo-iraniani dimostrano quella che è la loro vera politica, obbligando il vice-presidente sunnita a fuggire nella regione autonoma del Kurdistan per sfuggire all’arresto. Come scrive Maurizio Molinari su la Stampa, il fuggiasco vice-presidente al Hascemi si chiede di quale democrazia irachena stia parlando Obama (che solo l’altro giorno riceveva il primo ministro sciita dell’Iraq); la realtà è ben diversa da quanto afferma l’amministrazione USA, che ieri neppure riusciva a mettere in contatto il vice-presidente Joe Biden con Maliki, come si legge in un attento editoriale del Foglio. In un secondo editoriale del Foglio si trovano altre critiche all’amministrazione Obama che, pronta ieri ad abbandonare Mubarak al proprio destino, così sembra fare oggi con Tantawi, visto che cerca accordi coi partiti islamisti.E’, questa, un’altra pagina ancora tutta da scoprire, ma della quale sembra facile indovinare il punto di arrivo.
Anche in Tunisia le vicende appaiono poco chiare; ieri il capo di Ennahda, il partito islamico vincitore alle recenti elezioni, ha incontrato il rabbino capo di Tunisi, ed ha invitato subito dopo i 1500 ebrei rimasti (dei 100.000 presenti quaranta anni fa) a non abbandonare il paese. Ne scrivono quasi tutti i giornali, ma, tra tanti, invito a leggere l’editoriale del Foglio che osserva come, al Cairo come a Tunisi, gli islamici, compresi i Fratelli Musulmani e gli stessi salafisti, dichiarano oggi di non voler imporre la sharia. Osserva giustamente l’editorialista del Foglio che sono tutte dichiarazioni da prendere alla leggera, considerando che il loro principale, e dichiarato alleato, è Hamas. Intanto sul Manifesto Tommaso Di Francesco è critico verso Monti che ha incontrato Jalil, il capo provvisorio della Libia in visita a Roma;tra le tante parole pronunciate da Jalil, osservo che egli ha affermato che la sharia sarà il fondamento della nuova legislazione. Ma intanto una donna libica viene intervistata da Pierre Chiartano per Liberal; ella difende il ruolo di tante giovani donne, piene di coraggio, ma non può non sorprendere quando ricorda una Suma che afferma che il Corano conferma e completa i Vangeli e la Torah, aggiungendo che la vita di Maometto è un esempio di modernità.
Si avvicina natale e James Carrell sull’Herald Tribune firma un articolo pubblicato sotto il titolo “rifugiati in una mangiatoia”; il quotidiano, come sempre molto severo con Israele, fa un parallelo tra quanto avvenne all’epoca dei romani e quanto avviene oggi in Palestina.
Pio Pompa sul Foglio dedica un articolo ad un libro di Dhia Jafar pubblicato purtroppo solo in lingua norvegese: l’autore era l’uomo incaricato da Saddam Hussein per costruire una bomba atomica irachena dopo il bombardamento della centrale irachena effettuato dall’aviazione israeliana, e nel suo libro fa chiaramente cenno alle complicità della Francia e della Russia, ben protette da el Baradei, ieri direttore dell’AIEA (e fin troppo evidente alleato dei peggiori regimi islamici), ed oggi candidato alla presidenza egiziana.
Interessante, infine, è leggere quanto scrive sul Corriere Marco Ventura: torna definitivamente la poligamia in Gran Bretagna? Per ora in tribunale, comunque, ci vanno soltanto gli adepti del paganesimo (che in quella nazione sarebbero ben 40.000), ma anche di questo cedimento dei giorni nostri si dovrà ancora parlare a lungo.
Emanuel Segre Amar