L’infanzia rubata, il dramma di Jona
Il Giorno della Memoria è dedicato quest’anno al ricordo del milione e mezzo di bambini morti durante la Shoah. Portavoce dell’infanzia rubata è Thomas Geve, deportato ad Auschwitz all’età di 13 anni, oggi relatore nella Sala del consiglio comunale di Torino dove, alla presenza di numerosi rappresentanti delle istituzioni e del Consiglio della Comunità ebraica (tra gli altri erano presenti il presidente Beppe Segre, il vicepresidente Emanuel Segre Amar e il rabbino capo Eliahu Birnbaum) ha portato la sua testimonianza. Tra i tanti ospiti prende la parola il consigliere regionale Roberto Placido, che afferma come un popolo “senza memoria” sia un popolo “che non ha futuro”. A seguire l’intervento di Ferruccio Maruffi, deportato sopravvissuto all’orrore di Mauthausen: “Non dobbiamo dimenticare di chiederci il perché di tutto ciò e di ricordare che noi sopravvissuti siamo usciti vincitori dai campi di sterminio: abbiamo vinto l’odio, in quanto istinto primordiale dell’uomo”. E poi ancora, si chiede Maruffi, “che nemico è un bambino?”. Al termine della sua riflessione interviene il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti, che si sofferma sull’importanza del ricordo, importanza trasmessa dalla stessa tradizione ebraica che pone il verbo “ricordare” come imperativo categorico. Il sindaco Piero Fassino conclude la cerimonia ricordando le due parole incise sulla pietra all’entrata del campio di Auschwitz: “Mai più”. Questo, afferma, è l’impegno più autentico e pressante che si deve assumere il Giorno della Memoria.
Alice Fubini
1487 nomi conservati gelosamente nella casa del presidente della Comunità. La storia drammatica di Giuseppe Jona e della lista degli ebrei veneziani, riscoperta da Fabrizio Frassa, è divenuta un testo teatrale duro, di forte impatto, terribile, pulito, senza orpelli, dal grande valore storico e dal significato didattico eccezionale. Mettere in scena la storia di un dramma personale consumatosi all’ombra delle persecuzioni razziali non era operazione facile: Frassa, con la compagnia It.Arte, ci è riuscito in pieno.
Shalom Aleikhem è il titolo della splendida, commovente lettura scenica rappresentata su testo dello stesso Frassa ieri al Centro Sociale della Comunità ebraica di Torino.
Dal 9 settembre 1943, con il controllo tedesco di Venezia, si entrò nell’ottica nazista della “soluzione finale”, che presupponeva, come premessa alla deportazione, la precisa conoscenza dell’elenco di tutte gli ebrei puri o misti. La questione era delicata poiché gli elenchi in possesso della Prefettura non coincidevano con quelli della Comunità che, pertanto, era continuamente sollecitata a dare riscontri alle pressanti domande di chiarimento.
Giuseppe Jona, medico, che era stato presidente dell’Ateneo veneziano dal 1925 al 1929, era in quel momento il presidente della Comunità ebraica di Venezia; ma quando i nazisti pretesero da lui gli elenchi della comunità, bruciò la lista e si tolse la vita per non tradire i suoi fratelli.
La lettura drammatizzata, accompagnata da immagini di Venezia in bianco e nero e da musiche originali, ci riporta a quel terribile autunno-inverno del ‘43 in cui Jona visse un dramma personale e singolare a seguito della richiesta del comando tedesco di consegnare nomi e indirizzi di tutti gli appartenenti alla comunità ebraica. Dopo un drammatico colloquio in Prefettura, Jona prese tempo un giorno nel corso del quale maturò la sua terribile ed eroica decisione, senza nulla proferire in casa. Un dramma consumato dunque intimamente, per salvare i suoi concittadini ebrei: al mattino presto, prima di recarsi all’appuntamento ove avrebbe dovuto consegnare la lista, Jona, non visto dalla sorella con cui viveva, bruciò il registro che aveva conservato sino a quel momento.
Il sacrificio di Giuseppe Jona salvò la vita ad oltre 1200 ebrei veneziani. Tra il 5 dicembre 1943 e il 17 agosto 1944, il Comando Tedesco e la Guardia Fascista imprigionarono e deportarono, nei campi di sterminio nazisti, 248 ebrei veneziani; di questi, solo otto fecero ritorno nella loro città. Particolarmente doloroso fu l’arresto dei 21 ospiti della Casa di Riposo Israelitica, avvenuto il 17 agosto ’44.
Lo spettacolo teatrale messo in scena dal gruppo It. Arca di Caselle (To) ha avuto grande successo: lunghi applausi hanno sottolineato il vivo apprezzamento del pubblico per un gruppo che volontariamente ha ricostruito la storia e il dramma di Jona e dell’intera comunità ebraica veneziana, partendo dalla piccola targa in bronzo che nel Ghetto di Venezia ricorda il dolore e il sacrificio di Giuseppe Jona: Giuseppe Jona clinico illustre maestro di rettitudine e di bontà nell’ora tristissima della persecuzione resse la comunità di Venezia con alto senso di dignità e vi profuse i tesori dell’anima sua grande.
Gli attori Loredana Bagnato e Livio Vaschetto, con la scenografia di Franca Battistella, rappresentano il dramma consumatosi in casa di Jona e tra le calli di Venezia con una forza straordinaria. Lo spettacolo, merita attenzione e merita di girare per l’Italia, per far conoscere una pagina di storia da molti non conosciuta, ma sarebbe anche un’ottima lezione aperta per le scuole, restituendo quello che, anche intimamente, fu il dramma delle persecuzioni, un dramma consumatosi all’interno delle mura domestiche, da un personaggio che sentiva su di sé il peso di dover rappresentare tutti gli ebrei della sua città.
Attori e regista si sono dichiarati ben disponibili a portare in giro la loro lettura scenica e hanno, con il vivo desiderio, soprattutto, di poterla rappresentare a Venezia, nel cuore di quel ghetto dove si consumò la tragedia di Jona.
g.d