Ragionando sul piccolo schermo

Che cosa sa, cosa conosce, cosa capisce davvero, la popolazione italiana a proposito della Shoah? La domanda appare quanto mai pertinente in queste ore, quando in ogni città si tengono innumerevoli appuntamenti, celebrazioni, occasioni di incontro in occasione del Giorno della Memoria. Molto probabilmente ha ragione chi ritiene che la stragrande maggior parte della popolazione sa quello che passa attraverso i grandi media, soprattutto il cinema, e ancora di più la televisione, Un’analisi di come si comportano le diverse emittenti televisive alle prese con questo appuntamento sarebbe molto complessa, ma anche utile, perché purtroppo sulla concezione della Memoria si regge quel poco che milioni di italiani sanno degli ebrei e in specifico degli ebrei italiani.
Scorrendo i palinsesti di questi ultimi giorni si deve certo riconoscere che le grandi emittenti, pubbliche e private, continuano a riservare all’argomento una grande attenzione e che questo fenomeno risulta in crescita. Per scegliere solo un esempio fra i tanti film e documentari in programmazione, la Rai presenta il filmato realizzato da Roberto Olla sul campo di Auschwitz in compagnia di molti Testimoni italiani sopravvissuti alla Shoah. Si tratta di un significativo impegno sotto il profilo della produzione e di una preziosa occasione di ascoltare i Testimoni e meditare su quello che hanno da raccontarci. Ma anche della prima produzione televisiva italiana in tre dimensioni realizzata nel campo del documentario per il pubblico adulto.
Anche le redazioni giornalistiche hanno cercato di tenere il passo. E qui si sono potuti osservare modelli diversi di comunicazione applicati a uno stesso tema. La redazione di Unomattina ha dato voce al Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, prima che il rappresentante della massima istanza dell’ebraismo italiano si dirigesse al Quirinale per aprire, con il Presidente Napolitano e il ministro Profumo, la cerimonia ufficiale del 27 gennaio.
Cento minuti di Porta a porta hanno dato spazio agli otto ospiti di Bruno Vespa: i Testimoni Edith Bruck e Sami Modiano, il ministro della Cooperazione e dell’integrazione Andrea Riccardi, il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il Consigliere UCEI delegato alla Memoria Victor Magiar, lo storico Marcello Pezzetti, la filosofa Donatella Di Cesare (autrice dell’appello contro il negazionismo “Se Auschwitz è nulla”, Melangolo edizioni) e lo stesso Olla, autore del filmato Le non persone. Lo sforzo di Vespa è stato quello di far rientrare nel polpettone televisivo un’antologia fatta di testimonianze (sempre molto vive le voci di Edith Bruck e di Modiano), spezzoni del filmato prodotto dalla Rai, e ragionamenti su dove sta andando la cultura della Memoria. Nitide le parole del ministro Riccardi anche nel denunciare la vergogna dell’antisemitismo mascherato di antisionismo. Forte e chiara la voce di Donatella Di Cesare, appassionata assertrice della necessità di una vigorosa azione culturale e giuridica per contrastare il dilagare del negazionismo. Efficaci i leader ebraici italiani (Pacifici: “Non siamo qui per fare del vittimismo, siamo qui per impedire che di fronte agli effetti dell’odio non ci siano più degli indifferenti”. Magiar: “Gli antisemiti affermano che dalle ceneri di Auschwitz è nato Israele, ma la realtà è che dalle ceneri del Lager è nata l’Europa, proprio quell’Europa che ora è minacciata”). Molto attenti, gli uomini della Rai, a sottolineare le radici ebraico-cristiane e il ruolo dei cattolici che si impegnarono per salvare alcuni perseguitati. La trasmissione ha poi virato su un approfondimento dedicato a tutt’altro tema: il genocidio del popolo armeno.
Dove si è volato molto alto, di fronte alle telecamere della Sette, è stato nell’Otto e mezzo di Lilli Gruber (Auschwitz e la memoria corta) che i telespettatori hanno visto venerdi sera, ma che è stato registrato nelle ore precedenti per non entrare in conflitto con lo Shabbat (chi sente il suo impegno per la Memoria coltivando la religione ebraica viva e non la religione delle celebrazioni, potrà assistere senza commettere violazioni della Legge ebraica alla trasmissione da domani sera su questo link).
Ospiti della giornalista, per trenta minuti molto intensi, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e la semiologa Valentina Pisanty (autrice del saggio “Abusi di memoria”, Bruno Mondadori editore, che come quello della professa Di Cesare è diffusamente presentato sul numero di Pagine Ebraiche attualmente in circolazione e analizza tutte le distorsioni e le strumentalizzazioni che aleggiano attorno a questo tema). Dopo la lucida testimonianza della sopravvissuta Goti Bauer, il faccia a faccia condotto dalla Gruber si è tenuto bene alla larga dai discorsi di maniera andando senza sprecare una sillaba nel cuore del problema. “Alla minaccia negazionista – ha spiegato Pisanty – si lega l’inverso rischio della sacralizzazione e quindi della sterilizzazione delle Memoria”. “La ferita della Shoah – ha risposto il Rav- ha un profondo significato sacro nella sua spaventosa unicità, ma mi sento in forte polemica all’interno della mia stessa comunità con chi fa della Memoria una religione della morte, una patologia negativa che si oppone all’autentica religione della vita”. Concordi, gli intervenuti, in uno sforzo intenso di ritrovare i significati autentici, evitare la banalizzazione, la bulimia commemorativa, l’ossessione celebrativa. Tutti fenomeni elaborati in una società, quella italiana, che fatica ancora a fare i conti con il proprio passato e assumersi, al di là delle parole, le responsabilità che ne conseguono.

gv