Voci a confronto

Il Giorno della Memoria è appena passato, ma merita ancora tutta la nostra attenzione l’articolo di Bernard Henry Levy che riporta sul Corriere quanto è avvenuto a Vienna lo scorso 27 gennaio. Parla del futuro della Francia, Levy, parla di Marine Le Pen che ha partecipato ad un valzer di sicuro per nulla innocente, ma, riflettendoci bene, parla anche del futuro dell’Europa tutta nella quale i nemici della democrazia (i nazi-fascisti, gli estremisti nazionalisti, per intenderci meglio) stanno riunendo le loro forze. Anche Davide Giacolone firma ancora un articolo sul Giorno della Memoria, ma gli va detto che qualsiasi paragone o parallelismo tra Shoah e gli altri orrori del secolo scorso va rifiutato. Non intendo cerco negare minimamente gli orrori dei quali il comunismo sovietico, coi suoi gulag, si rese colpevole; è certamente vero che troppi preferiscono dimenticare anche questa realtà, e questo lo riconosco pienamente e va detto. Ma, per favore, non mettiamo tutto insieme; piuttosto si studino, con gli storici, i singoli orrori degli anni recenti; c’è tanto lavoro per chi si vuole cimentare nell’opera. In Italia, intanto, si è inaugurata al Vittoriano la mostra sui Ghetti nazisti e, giustamente, il presidente Fini (Tempo Roma) ha ricordato che anche l’Italia ha avuto le sue responsabilità nei confronti di tanti ebrei italiani. E’ il concetto che ricordavo in proposito su queste colonne la settimana scorsa.
Frank Jacobs sull’International Herald Tribune, una delle testate regolarmente ostili ad Israele, firma un articolo nel quale parla delle città divise da mura; Berlino (ieri), Nicosia (con l’isola tutta di Cipro), e non solo. Riconosce, bontà sua, che a Gerusalemme non c’è più una separazione fatta di mattoni (ma avrebbe fatto bene a ricordare che quando Gerusalemme era fisicamente tagliata in due, la parte araba era stata ripulita dalla presenza ebraica), ma si chiede come le due parti (?) possano convivere e crescere insieme. Insomma, una Gerusalemme unita, magari anche capitale di due diversi stati, con arabi ed ebrei che ci vivono insieme come nell’antichità e fino al ’48, e poi ancora dopo il ’67, non viene accettata da Jacobs. Eppure il governo israeliano facilitando il progresso economico arabo, sta lavorando proprio in questa direzione.
Si avvicinano, anche in Israele, le elezioni politiche, e un editoriale del Wall Street Journal descrive le mosse preparatorie di Netanyahu.
La maggior parte degli articoli odierni si concentra su quanto avviene al Palazzo dell’ONU; passa una risoluzione voluta dalla Lega Araba e sostenuta dall’Occidente, ma la Russia di Putin non molla il suo appoggio al regime di Assad per non perdere le basi nel Mediterraneo e l’importante cliente delle proprie industrie belliche. Così, mentre si denunciano (solo a parole) i tanti morti, non si cita il Capitolo 7 della Carta delle Nazioni che solo permetterebbe di passare dalle parole ai fatti. Luca Geronico su Avvenire descrive la guerra civile oramai in atto, e le conseguenze che si faranno sentire comunque per lungo tempo; Hamas si allontana sempre più da Damasco (Davide Vannucci su Europa), e questa è una mossa politica densa di significati, ed intanto è in atto un riavvicinamento alla Giordania (ostile ad Assad). Maurizio Molinari aggiunge una riflessione sull’eventuale dopo Assad, indicando i due attuali ipotetici futuri leader; l’attuale ministro degli esteri, fedelissimo del regime, o la attuale vice-presidente, preferita dalla Lega Araba e sorella di un leader dei Fratelli Musulmani attualmente in esilio.
Chi vuole capire che cosa sta portando la Primavera araba può leggere Fabio Scuto che, su Repubblica, parla delle difficoltà nelle quali si trovano gli americani che pensavano di aiutare una nascente democrazia.
Molti, anche tra i responsabili dello Stato di Israele, scrivono sulle colonne di tutto il mondo su quanto potrà succedere in Iran, e sulle future azioni israeliane; ne parla Paola Peduzzi sul Foglio, ma, come sempre in questi frangenti, nessuno può davvero sapere quanto bolle in pentola, mentre coloro che lo conoscono non lo svelano certamente ai lettori dei quotidiani. Ciononostante Bernardo Valli su Repubblica sembrerebbe escludere che possa passare la prossime estate senza un attacco militare israeliano. Non resta che restare in trepidante attesa (e magari riflettere sulle tremende responsabilità di coloro che dovranno prendere le decisioni).

Emanuel Segre Amar