Voci a confronto

La notizia principale oggi è nascosta in una breve del Tempo: il 5 marzo prossimo ci sarà un nuovo incontro alla Casa Bianca fra Obama e Netanyahu. In quella sede probabilmente si deciderà sulla possibilità di un’azione militare contro l’Iran. Il quale nel frattempo minaccia di sospendere le forniture di petrolio anche all’Italia, dopo averlo annunciato nei giorni scorsi per Francia e Gran Bretagna, che peraltro ne dipendono molto meno di noi (Meotti sul Foglio, Zecchinelli sul Corriere, Vannucchini su Repubblica, Negri sul Sole). Prima dell’azione militare alle sanzioni resterebbe un ultimo stadio, il blocco dell’accreditamento internazionale delle banche iraniane, garantito dal consorzio Swift, che potrebbe essere la prossima mossa di Obama (Ranieri sul Foglio). Per quanto riguarda il Medio Oriente da leggere l’articolo piuttosto comprensivo di Moses Naim sulla Repubblica, in cui si esaminano le opzioni disponibili ad Assad e alla sua “bella moglie” e si ipotizza che il meglio per lui sarebbe fuggire, non fosse che una “rete” di collaboratori e di famigliari si sarebbe organizzata per impedirglielo. Per quanto riguarda Israele, da registrare la comparsa sui giornali italiani di due temi della campagna internazionale di delegittimazione: una è in una delle sedi naturali di tale campagna, il Fatto, dove si racconta in maniera molto unilaterale dello sciopero della fame di un terrorista palestinese, Adnan, che protesta per la detenzione amministrativa cui è sottoposto in attesa di processo. Quel che il Francesca Borri non dice nel suo articolo è che Adnan non è affatto un povero palestinese perseguitato, è un dirigente di primo piano della Jihad islamica, che è stato spesso arrestato altre volte e la cui pericolosità è molto alta. La detenzione amministrativa è un istituto che Israele ha ereditato dall’amministrazione britannica, analogo al fermo di polizia che in una forma o nell’altra è presente nella legislazione di molti stati europei, compresa l’Italia, e che nel suo caso è stato convalidato da un giudice. Battistini sul Corriere invece attribuisce “probabilmente” ai “coloni” (tutti? Quali? Con che prove?) delle scritte insultanti contro i cristiani che sono comparse su una chiesa a Gerusalemme e che non sono certo espressione né dello Stato israeliano né delle organizzazioni politiche deglki insediamenti, accreditando l’idea falsa che i cristiani sarebbero in pericolo in Israele, mentre lo Stato ebraico è il solo stato in Medio Oriente che garantisce una piena libertà religiosa.

Per quanto riguarda l’ebraismo in generale, consiglio vivamente la lettura dell’articolo di Paolo Mieli pubblicato oggi sul Corriere, che ricostruisce la politica dei respingimenti dell’immigrazione ebraica attuati da tutti gli stati del mondo subito prima, durante e dopo la Shoà. Il caso della nave Exodus, che tutti conoscono, è solo un esempio di una linea molto generale che fu propugnata con tutta la sua forza e senza pietà dalla Gran Bretagna, violando gli obblighi internazionali del suo mandato, ma che coinvolse tutto il mondo. La nascita di Israele, lungi da essere un “regalo” occidentale dopo la Shoà, fu ferocemente contrastata dagli inglesi e divenne e ancora oggi è il solo porto salvo per gli ebrei in pericolo grazie al coraggio e allo spirito di sacrificio della popolazione ebraica di Eretz Israel. Sempre a proposito di Shoà, vale la pena di segnalare una risposta piuttosto disgustosa di Sergio Romano a un lettore che chiede al Corriere perché il nazismo perseguitò gli ebrei. Dopo un frettoloso riconoscimento della volontà nazista di annichilare il popolo ebraico, Romano si sofferma ad elencare tutti gli altri gruppi umani perseguitati dal nazismo, come i dirigenti comunisti o i Rom. Ma si guarda bene dal citare le ragioni dell’antisemitismo nazista e le loro radici nell’antigiudaismo dominante la cultura europea per secoli. Non trovo improprio quindi far seguire a questa risposta la citazione di un intervento che pubblica un foglio semiclandestino, introvabile in edicola e che però ha posto nella nostra rassegna. Il giornale in questione si chiama “Rinascita”, si dichiara organo di un “socialismo nazionale” (per capire di che cosa si tratta bisognerebbe forse invertire i termini e parlare di nazional-socialismo) e pubblica sistematicamente articoli che accusano gli ebrei e Israele delle peggiori nefandezze. Oggi vi si legge un brando del famigerato negazionista Robert Faurisson, in cui sostiene in sostanza che la Shoah è un’invenzione di Hollywood e che solo i bravi negazionisti combattono questa truffa di massa. E’ istruttivo leggere posizioni del genere e apprendere dallo stesso giornale che si tratta dell’intervento che Faurisson ha pronunciato nei giorni scorsi a Teheran, quando è stato premiato da Achmadinedjad. Alla faccia di quelli che dicono che si può, anzi si deve, essere antisionisti e appoggiare la “giusta lotta dei popoli islamici”, senza che ciò abbia nulla a che fare con l’antisemitismo. Senza ulteriori commenti, mi permetto di suggerire che non sarebbe male se qualcuno si prendesse l’iniziativa di far verificare a un giudice se il giornale in questione non violi le disposizioni di legge che proibiscono la ricostruzione di movimenti fascisti, l’apologia di reato ecc.

Ugo Volli