La religione, la politica e le cantonate di Sanremo

Quanto è facile diventare profeti! Prendiamo Adriano Celentano: talento straordinario, molti soldi, estremo provincialismo. Il gioco è fatto. Per una settimana non si parla che di lui e dei suoi sermoni, il nuovo disco è lanciato e gli ascolti si impennano. Persino la celeberrima farfallina di Belen non riesce a tenere il passo, e il molleggiato viene richiamato sul palco per dare l’ultima scossa allo share. Ora, di tutta la querelle sanremese due aspetti mi paiono interessanti: per due volte Celentano ha attaccato la stampa cattolica con l’assenso implicito (omissivo) dei vertici Rai. Non avevano visionato i testi, d’accordo, ma in questo caso che senso poteva avere il secondo giro? La verità è che contano solo gli ascolti, cioè i soldi, assai più importanti, addirittura, della Chiesa, senza contare le altre vittime della filippica adrianesca. Il secondo punto è di merito. L’accusa formulata dal palco dell’Ariston ad «Avvenire» e «Famiglia cristiana» è, in estrema sintesi, di trascurare i temi spirituali (il «paradiso») e di occuparsi del mondo, della politica, della quotidianità. Al netto di una certa rozzezza – che cosa è stata la Chiesa cattolica se non la gestione del mondo reale in una prospettiva eterna? – la critica è interessante perché riflette due modi di intendere la religione antitetici e interconfessionali: diciamo i «militanti» contro gli «spirituali».
L’ebraismo ha un approccio diverso, perché la sua aderenza alla realtà quotidiana è dettata dalle Mizvoth e dalla Torah. Ma spesso si sente ripetere: «Perché fare questo, che cosa c’entra con l’ebraismo? Non dovremmo studiare e praticare di più?». Ecco, la mia risposta a Celentano e ai suoi omologhi di altre fedi, è «no». Mi sento profondamente ebreo perché l’ebraismo parla del mondo e al mondo, perché il valore del nostro agire si misura in questa vita e nei confronti degli altri. Perciò fanno bene «Avvenire» e «Famiglia cristiana» a fare politica, se con questo si intende difendere i poveri, gli immigrati, i rom, gli ultimi.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas