Qui Roma – Ricordando Pietro Saviotti
Un uomo delle istituzioni con la schiena dritta, un lucido analista dei fatti e delle loro conseguenze, una persona sensibile e sempre disponibile al dialogo e al confronto. Tranne in una circostanza, in cui spesso si imbatteva nella sua veste di capo del pool antiterrorismo: quando cioè sul banco degli accusati sedeva chi faceva della discriminazione un motivo di orgoglio. In quel caso Pietro Saviotti, magistrato tra i massimi esperti delle dinamiche dell’odio antiebraico in Italia, non era disposto ad ascoltare ragioni.
Ieri, a distanza di poco più di due mesi dalla scomparsa, la Comunità ebraica di Roma ha voluto ricordare la figura di questo grande servitore dello Stato con una giornata di studio in suo onore al Tempio Adriano. Nella sala, gremita in ogni ordine di posto, gli amici di una vita e molti, moltissimi colleghi. Tra gli altri hanno voluto manifestare la loro vicinanza alla famiglia Saviotti il ministro di Grazia e Giustizia Paola Severino e l’avvocato Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Moderati dall’assessore alle politiche comunitarie della Comunità ebraica di Roma Joseph Di Porto, gli interventi si sono soffermati su vari aspetti della biografia privata e pubblica del magistrato, cui gli ebrei della Capitale, al momento della morte, hanno voluto tributare l’omaggio più solenne con la piantumazione di alcuni alberi a suo nome nella stessa foresta che onora le vittime di Nassiryah e a breve distanza dal bosco che ricorda Yitzhak Rabin, primo ministro dello Stato di Israele barbaramente ucciso da un estremista di destra il 4 novembre di 17 anni fa.
In apertura di convegno, che era inteso ad offrire, sulla scia del proficuo lavoro svolto in questi anni da Saviotti e dai suoi collaboratori, un inquadramento il più ampio possibile sull’impegno del nostro paese nella lotta al razzismo e alla xenofobia, è stato fatto osservare un minuto di silenzio per le vittime dell’agguato alla scuola Ozar HaTorah di Tolosa, cui hanno fatto seguito le parole del presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, dei magistrati Giovanni Salvi, Luca Palamara e Luca Tescaroli, dell’avvocato Roberto De Vita, del capo della Digos di Roma Lamberto Giannini, del comandante del reparto anticrimine Massimiliano Macilenti e della filosofa Donatella Di Cesare. “Sono orgoglioso di vivere in Italia – ha affermato Pacifici – perché a differenza di quanto accade in Francia si è preso coscienza del problema dell’antisemitismo e delle pericolose saldature che vi sono in questo senso tra movimenti neonazisti e integralisti islamici”. Ciò detto, ha aggiunto Pacifici, “è giunto il momento fare uno sforzo ulteriore per disinnescare le nuove minacce che arrivano con sempre maggiore frequenza dalla rete: un fronte sul quale il compianto magistrato Saviotti era da tempo attivo con estrema consapevolezza della portata di tali insidie”. Siti internet che non chiudono, scritte infami sui muri di Roma e di molte città italiane. I pericoli di una campagna d’odio sempre più cruenta verso gli ebrei e altre minoranze sono stati più volte ricordati dai relatori. Per la professoressa Di Cesare, autrice del recente saggio contro il negazionismo ‘Se Auschwitz è nulla’, “servono adesso nuove leggi che diano modo di intervenire sia nel mondo reale che in quello virtuale”.
a.s. – twitter @asmulevichmoked