I ragazzi che ‘volarono’ l’aquilone
In prossimità della Festa per la Liberazione dal nazifascismo il Centro Sociale della Comunità ebraica di Torino è stato sede della presentazione del libro di Franco Brunetta “I ragazzi che volarono l’aquilone”. All’incontro sono intervenuti il vicepresidente della Comunità David Sorani, Massimo Bubi Ottolenghi, ex partigiano, e lo stesso Franco Brunetta, maestro, storico e ricercatore.
La serata è stata dedicata alla memoria del professore Carlo Ottino, un’importante figura di riferimento della cultura della sinistra torinese, insegnante rigoroso vicino all’ambiente ebraico, scomparso di recente.
“I ragazzi che volarono l’aquilone” racconta l’emozionante avventura vissuta nel periodo 1943-45 da un gruppo di uomini e donne, che con le loro scelte difficili e sofferte hanno contribuito a cambiare la storia dell’Italia del Novecento. L’opera, di grande valore storiografico, analizza luci e ombre della Resistenza e mette in campo temi scottanti, come le relazioni, a volte conflittuali, tra gruppi partigiani con ideologie politiche diverse, in particolare gli screzi tra le formazioni garibaldine e quelle di Giustizia e Libertà.
Il libro si presenta come un’indagine sulla vita e sulle scelte di un uomo in particolare, Bruno Tuscano, un soldato calabrese che dopo l’8 settembre dovrà decidere da che parte stare. Sceglierà la lotta partigiana e diventerà comandante dell’unica formazione giellista in terra garibaldina. Durante un rastrellamento Bruno e i suoi compagni vengono catturati. Bruno viene condotto a San Maurizio Canavese e poco prima di essere fucilato avrà modo di incontrare altri prigionieri, tra cui il nonno di Franco Brunetta. È proprio attraverso le memorie e i racconti del nonno e del padre attorno alla figura di questo giovane eroe, che Franco deciderà di intraprendere un percorso di ricerca storiografica attorno a questa vicenda.
David Sorani parla di questo libro come di ‘una storia nella storia’: “Leggendo il libro – afferma – si ha la sensazione di partecipare pagina per pagina alla ricerca storica, attraverso una sorta di dialogo ideale con l’autore. Il lettore perciò è portato ad immedesimarsi sia nei personaggi sia nell’autore-ricercatore”. Per Sorani l’opera di Brunetta è quindi una testimonianza preziosa in cui la Resistenza “è rappresentata nella sua coralità”.
Emozionato Massimo Ottolenghi, che afferma: “È con commozione e affetto che mi sono trovato a rileggere alcune pagine del libro di Brunetta, che io non definisco storico, ma cronista meticoloso e scientificamente organizzato. Io stesso, attraverso la sua opera, ho rivissuto e completato i miei ricordi. Sono stato un partigiano cospiratore e nella vita di cospirazione si operava come una piccola tessera di un grande mosaico, senza capire completamente il disegno storico in cui si era inseriti. Leggendo le pagine di Franco mi sono trovato a ricucire momenti che non avevo capito, a rendermi conto di quali romanzeschi episodi ci vedevano inconsciamente protagonisti”. Ottolenghi parla poi di ‘tragedia nella tragedia’ per definire le divisioni interne ai gruppi partigiani, a causa di ideologie esasperate.
Conclude Franco Brunetta, sottolineando l’importanza fondamentale di questa esperienza di storico e di ricercatore. L’input per la ricerca nell’ambito della Resistenza lo deve sicuramente al padre, che è stato a sua volta partigiano e che gli ha sempre raccontato in modo sincero il bello e il brutto di quegli anni.
Uno degli obiettivi di questo libro era sottolineare l’aspetto corale dell’esperienza partigiana. Il titolo stesso dell’opera, che poi è una sgrammaticatura, fa riferimento a un aquilone, che non era altro che il distintivo a punta in su, una specie di aquilone appunto, che veniva cucito sulla manica sinistra dei membri delle formazioni partigiane. “Tutti parteciparono, tutti volarono l’aquilone”, spiega Brunetta.
Alice Fubini