Voci a confronto

Nel giorno nel quale in Israele avrebbe dovuto essere ufficializzata la data di nuove elezioni che, a detta di tutti, avrebbero dovuto migliorare la posizione di Netanyahu alla Knesset, con una mossa tipica dei grandi statisti il premier israeliano annuncia l’intesa con il principale partito d’opposizione. A notte fonda Netanyahu e Mofaz hanno annunciato che il governo, nel quale Mofaz entra come vice premier e come autorevole membro del Consiglio di difesa, andrà avanti fino a ottobre 2013, cioè fino alla sua scadenza naturale. Nessuno vede in questa inaspettata decisione anche uno schiaffo a Tzipi Livni che forse avrebbe potuto mettere in disparte le aspirazioni personali e favorire il clima politico israeliano. Ora Mofaz ha avuto il coraggio, che certamente tutti sanno non essergli mai mancato (da Entebbe in avanti), per imprimere una fondamentale svolta alla politica del proprio partito e dello Stato stesso. Israele è di fronte a scelte importanti sulla legge del servizio civile obbligatorio per tutti coloro che non svolgono il servizio militare, sulla modifica delle leggi elettorali, per il consolidamento economico e, soprattutto, per le decisioni da prendere nei confronti dell’Iran. Mofaz sarà, tra l’altro, vice premier, e quindi sostituirà Netanyahu durante le sue assenze durante i viaggi all’estero, ma, soprattutto, potrà mettere a disposizione del governo le personali conoscenze dell’iran, suo paese natale, e negli ambienti di Washington, dove ha operato a lungo, in questi ultimi anni, come interlocutore strategico del governo americano (Battistini sul Corriere). Si è, nel recente passato, espresso contro un attacco preventivo, ma in politica, e soprattutto su un argomento delicato come questo, non sempre le parole corrispondono al proprio pensiero reale. Di questa decisione improvvisa ed inaspettata parlano oggi tutti i giornali; cito, in particolare, Avvenire che riporta le parole di Haaretz, mai tenero con Netanyahu: “bisogna ammettere che Netanyhu ci ha dato una lezione”. Chi non avrà apprezzato questa decisione sarà forse Yair Lapid, astro mediatico che stava per entrare in politica, che vede superate le proprie posizioni dal partito Kadima. Nel panorama della stampa italiana vanno riportate, in particolare, le parole de L’Unità che titola: Coalizione di guerra, e del manifesto che parimenti titola: Governo unitario per la guerra. Nella stampa estera Le Monde, normalmente severo col governo Netanyahu, dopo aver riconosciuto al governo israeliano una buona gestione dell’economia, sostiene anche le posizioni dei “dirigenti moderati” palestinesi (Abu Mazen? ndr) che confermano di aspettare il congelamento totale delle costruzioni nelle terre oltre le linee del ’67 prima di sedersi al tavolo delle trattative. Il Wall Street Journal scrive che, alla domanda postagli se tale decisione fosse stata presa per frenare il crescente peso all’interno del Likud degli abitanti di Giudea e Samaria, Netanyahu ha risposto chiaramente che questa non era la ragione della presente mossa politica. Pio Pompa (Foglio), che già nel recente passato fu il primo a scrivere di tre nuovi siti sotterranei in Iran, ritorna oggi su questo argomento; è sempre difficile, per il comune cittadino, sapere che cosa si dicono i politici nelle loro discussioni, ma oggi Pompa afferma che di questi siti, oramai noti a tutti coloro che non stanno con gli occhi chiusi, gli americani avrebbero preferito non parlare, per lungo tempo, con gli israeliani, causando col loro silenzio ulteriori difficoltà di intesa tra i due leaders. Daniele Raineri sul Foglio scrive che l’Arabia Saudita ha raddoppiato, incredibilmente, le proprie riserve di petrolio, e si domanda quale possa esserne la ragione. Anche l’Iran ne sta stoccando moltissimo sulle proprie petroliere alla fonda, ma questo è probabilmente dovuto alla mancanza di clienti (i sauditi, al contrario, hanno aumentato le loro vendite agli USA) che li ha costretti ad accettare le proposte cinesi di pagare in yuan. Di grande interesse è un articolo sul Figaro che riparte dagli attentati di Madrid e Londra per giungere a Tolosa. Il multiculturalismo ha permesso che le comunità musulmane mettessero solide radici in Europa e diventassero quasi autonome (ma è questo sempre un bene? il commentatore nasconde qui tutte le conseguenze nefaste ndr). Si ricorda poi che tassi di disoccupazione elevati e marginalizzazione socio-culturale nella Francia dei giorni nostri ha portato tanti giovani a diventare facile preda di predicatori estremisti religiosi; in Inghilterra, dove operano 85 tribunali che seguono la sharia, mentre sono state chiuse 1700 chiese anglicane, sono state aperte 1689 moschee, e mentre nascono tantissimi Mohammed (come anche nella capitale d’Europa Bruxelles), tanti giovani partono per i paesi più estremisti del Medio Oriente per ritornare “pronti a vendicare fratelli e sorelle musulmani”. Le Figaro elogia lo sviluppo di una classe media musulmana, una maggiore libertà della donna musulmana (davvero normale? ndr) e la presenza di personalità islamiche nelle posizioni politiche di primo piano (ma di nuovo se ne nascondono i pericoli potenziali, in alcuni casi ndr). Infine si augura che l’esempio dell’ebraismo nell’Europa di oggi possa servire a ottimizzare le relazioni anche col modo islamico. Infine su Repubblica Fabio Scuto dedica un articolo ad una manifestazione di solidarietà con i palestinesi imprigionati nella carceri israeliane (tra le quali “il famigerato carcere di Ofer”); ancora una volta Scuto fa finta di non vedere quelle che sono le realtà sul terreno, ed ancora una volta le colpe sono tutte degli israeliani. Sarà un caso se si trova, oggi, sulle posizioni della Morgantini e di Moni Ovadia?

Emanuel Segre Amar