Voci a confronto
Dunque ci sarà un’altra giornata della memoria, di rilievo europeo, nel calendario civile delle celebrazioni e delle ricorrenze storiche con le quali ci confrontiamo periodicamente. Così in base a quanto deliberato dal Parlamento di Strasburgo, che istituisce per il 6 marzo una giornata europea dei Giusti tra le nazioni. Ne parla Furio Colombo su il Fatto di oggi, in polemica con un articolo ai Antonio Carioti comparso sul Corriere della Sera di giovedì 10 maggio. Da tempo si andava affermando la necessità di ricordare queste figure straordinarie che, in tempi durissimi e calamitosi, si prestarono, a proprio rischio e senza nessuna contropartita, nel salvataggio dei perseguitati. In prima fila, nell’azione per arrivare a tale riconoscimento, lo scrittore Gabriele Nissim che, di fatto, è stato il vero artefice del lungo percorso di sensibilizzazione e promozione che ha portato a questo esito. Dopo di che la discussione, peraltro serena, sulla funzionalità di un calendario che istituzionalizza l’esercizio del ricordo, è materia aperta. La ricezione delle diverse ricorrenze, che dal 2000 in poi sono state istituite con finalità pubbliche (il 27 gennaio, il 10 febbraio, il 9 maggio), sommandosi e interagendo con le festività che già esistevano (25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 4 novembre), ha prodotto effetti differenziati per gradi di sensibilizzazione alternata. Va da sé che non tutti gli eventi ricordati (deportazione e Shoah, infoibamento e profuganza degli italiani del confine orientale, vittime del terrorismo e così via) possano essere messi storiograficamente sullo stesso piano. Ma il vero nodo critico non è questo. Se sul versante morale non possono esistere pesi diversi per distinte vittime, rimane il fatto che l’impatto civile di certi eventi va commisurato con variabili diverse, i cui effetti non sono prevedibili a priori. Da ciò, ad esempio, è derivata una forte immedesimazione delle scuole, destinatarie privilegiate dell’indirizzo di attività che si legano strettamente al ricordo pubblico, con il giorno della memoria ma, parimenti, un ben più scarso impatto di altre date. Più in generale è oggetto di riflessione la procedura per la quale il ricordo e la trasmissione dei trascorsi collettivamente significativi possano essere efficacemente garantiti (oltreché stabilmente affidati) a giornate la cui sanzione nel calendario della Repubblica se da un lato diventa riscontro della rilevanza che per la collettività dovrebbe avere la memoria dall’altro può ingenerare un effetto, ancorché involontario, di inflazione del ricordo. Si tratta di una tematica molto complessa e sottile, che non si presta a forme semplificatorie di opzione né, tanto meno, di agitazione politica. Sul versante mediorientale la guerra civile siriana misura di giorno in giorno la sua gratuita brutalità. Gli attentati a Damasco dei giorni scorsi portano la prevedibile firma di Al Qaeda, auspice di una “soluzione irakena” (disordine e caos) alla crisi che attraversa il paese. Così Giordano Stabile su la Stampa mentre i paesi occidentali, ed in particolare la Nato, sembrano letteralmente afasici sull’insieme degli eventi, così come commenta Lorenzo Cremonesi su il Corriere della Sera. Sulla situazione siriana si può poi leggere anche Cristina Tinazzi su il Messaggero . Peraltro, se ognuno di noi deve confrontarsi con periodi di magra e con un bilancio domestico che fa letteralmente i conti con la crisi economica, non la stessa cosa può dirsi del commercio d’armi, come ci ricorda Francesco De Remigis su il Giornale, commentando il Sofex 2012 (un acronimo che sta per «Strategic Operation Forces Expo») di Amman, dove il regime delle transazioni commerciali sembra invece essere ulteriormente lievitato. Fabio Scuto per la Repubblica commenta il risultato uscito dalle urne in Algeria, dove ben 148 seggi (sui 462 che dovevano essere assegnati) sono stati attribuiti a donne in base all’applicazione delle quote rosa e grazie alla vittoria dei partiti laici e alla secca sconfitta dell’«alleanza verde», l’unione dei tre partiti islamisti che non ha raccolto più del dieci per cento degli scranni in gioco. Peraltro quasi due terzi degli aventi diritto al voto non ha partecipato al confronto elettorale, il che è già da sé un dato significati. Sempre sui futuri elettorali della regione mediorientale si veda anche l’articolo di Azzurra Meringolo per il Messaggero nel quale si commenta l’ascesa di un leader islamista, l’ayatollah Mahmoud Hasmemi Shahroudi, destinato – forse – a future glorie in terra irachena. Un articoletto su Nòva, inserto domenicale del Sole 24 Ore, ci ricorda la qualità di «startup nation» d’Israele, tema che su questa newsletter e su Pagine ebraiche è già stato ripetutamente affrontato mentre segnaliamo sia l’invito alla lettura di Edmond Jabès che si può trovare sulla rubrica AlefBet, per la firma di Daria Gorodisky sul Corriere della Sera che l’intervista di Curzio Maltese a Roman Polansky su Repubblica.
Claudio Vercelli