Dedicato al Barcarolo

Ad Auschwitz è passato fra tante persone anche un ebreo romano, soprannominato Barcarolo, che giocava a calcio nel campo. Sono cresciuto con le storie di mio padre, che imitava l’accento con cui i tedeschi chiamavano Barcarolo a giocare su quel campo. La nazionale di calcio italiana va in visita-pellegrinaggio ad Auschwitz. Marcello Pezzetti, che guida la visita, chiede che non sia una visita lampo. Chiede che i giocatori vadano anche a Birkenau, accompagnati da tre sopravvissuti italiani. Si discute. E non si sa come andrà a finire. Pezzetti ricorda anche a fianco del crematorio e dell’ospedale c’era un campo di calcio. Chiede che i calciatori lascino lì, oggi, un pallone da calcio. L’iniziativa è certamente positiva. Mi fa uno strano effetto pensare che si discuta sui tempi e i dettagli della visita. Auschwitz sì, Birkenau no…e via dicendo.
La squadra tedesca, per esempio, ha deciso di mandare al campo di sterminio solo una rappresentanza di tre giocatori. Siamo, sono, incredibilmente liberi di decidere. Come se fosse una gita scolastica…Penso a quelli che ad Auschwitz sono arrivati su un vagone piombato. A quelli, tanti, che non sono tornati. E ai pochi, come mio padre, che sono tornati. Nessuno di loro aveva scelto un itinerario della visita. Un tempo di permanenza. La libertà di scegliere è comunque un gran diritto, che troppo spesso diamo per scontato. Speriamo che si sia trovato un minuto per ricordare anche il Barcarolo e tutti gli altri. E un calcio tanto diverso da quello della Nazionale e degli europei.

Andrea Fiano