Voci a confronto

Islamismo “moderato” di Morsi è il sottotitolo corretto del Corriere per un perfetto articolo di Bernard Henry Lévy; la battaglia non è finita per coloro che credono ancora nella rivoluzione di Tahrir. I Fratelli Musulmani non sono un’organizzazione democratica. Henry Lévy ricorda opportunamente la fondazione del partito per opera del filo hitleriano Hassan al-Banna, e, soprattutto, ricorda le parole dell’attuale leader al-Qaradawi, maestro tra l’altro di Tariq Ramadan, che nel 2009 ad al-Jazeera presentò Hitler come l’ultimo nato dei rappresentanti di Allah che vengono sulla terra per “punire” gli “ebrei”. Oggi Morsi vuole creare un nuovo asse con l’Iran e con Hamas. Tutto questo si legge nell’articolo del quale raccomando la lettura per coloro che vogliono capire cosa sta succedendo al Cairo. L’autore tuttavia si dimostra, per lo meno, non pessimista, ricordando che tutte le grandi rivoluzioni sono sempre state lunghe e con fasi alterne.
Gilberto Mastromatteo sulle pagine di Avvenire riporta i primi annunci del neo presidente che cerca, con la nomina come propri vice di una donna e di un copto, di tranquillizzare l’Occidente e gli avversari tutti. Per contro la possibile nomina di El Baradei a primo ministro dimostrerebbero proprio il riavvicinamento agli ayatollah del quale parla appunto Henry Lévy. Intanto la Corte Amministrativa inizia già ad annullare recentissimi decreti voluti dai militari; lo scontro sembra essere iniziato. Conseguenza di questo clima la si ritrova nelle parole di Alberto Stabile che su Repubblica ci racconta delle fughe dall’Egitto di tanti personaggi: ieri Shafiq, appena sconfitto da Morsi, è partito per Abu Dhabi per le accuse di corruzione subito partite contro di lui, ma prima erano già andati via personaggi come Suleiman, Boutros Ghali, il consuocero di Mubarak Magdi Rasekh e il fondatore della Mediterranean Gas Company Hussein Salem. Fausto Biloslavo sulle pagine del Giornale si interessa alla moglie del presidente che velata (novità nel palazzo presidenziale del Cairo) dichiara che “chi comanda è servitore del popolo come la moglie lo è del marito”; parole queste che, al momento, non sembrano colpire le femministe occidentali, pur tanto attente a quanto succede in Medio Oriente.
La vicenda dell’aereo turco abbattuto dalla contraerea siriana e caduto nei mari siriani è argomento ripreso da tutti i quotidiani. Vittorio E. Parsi su Avvenire scrive che la Nato si è riunita d’urgenza (fatto rarissimo che non succedeva dall’epoca di Saddam), ma Rasmussen si è limitato a parole di circostanza, dal momento che l’alleanza militare non ha né i mezzi né l’intenzione di andare al di là di qualche dichiarazione di principio. Dopo il fallimento della missione di Kofi Annan e di quella degli osservatori dell’ONU che dovevano controllare la tregua (sic), l’unica soluzione non potrà venire che dall’interno, ma questo chissà quando. Federico Rampini su Repubblica aggiunge che si vorrebbe organizzare per il prossimo fine settimana un incontro a Ginevra tra tutte le parti interessate, ma se la Russia ha già dato il proprio accordo, gli USA rifiutano di sedere (almeno ufficialmente ndr) insieme agli iraniani, e quindi nulla può venir deciso coi soliti veti incrociati.
E’ terminata la visita di Putin a Gerusalemme e Giulio Meotti sul Foglio riporta le posizioni di Vittorio Dan Segre a spiegazione della attuale vicinanza di Israele con la Russia; tra l’altro Putin e Netanyahu disapprovano la politica filo islamica degli USA e, ricorda Segre, la Russia di Putin fa parte integrante dell’occidente cristiano. Unica raccomandazione: non si deve dimenticare l’antisemitismo così diffuso in Russia, e la totale disponibilità di Putin a credere in quanto scritto nei Protocolli dei savi anziani di Sion; non sarà per caso che, proprio per tale ragione, Putin cerca l’alleanza dei potenti ebrei?
Alessandro di Majo su Libero ritorna sull’arresto dei tre “folli” ultraortodossi di Naturei Karta colpevoli, tra l’altro, di essere gli autori delle scritte apposte recentemente sui muri dello Yad Vashem.
L’International Herald Tribune, come sempre critico verso Israele, pubblica un articolo da Battir, villaggio vicino a Betlemme, che, con parole tutte bucoliche, lamenta che una progettata rete di difesa israeliana rischia di distruggere un meraviglioso paesaggio con antichi terrazzamenti agricoli; l’Unesco, ovviamente, appoggia la posizione dei palestinesi.
Di grande interesse l’intervista di Susanna Nirenstein ad Appelfeld su Repubblica dopo la pubblicazione de “Il ragazzo che voleva dormire” tradotto da Elena Loewenthal. Le ultime parole di Appelfeld dicono che in Israele, “a parte una piccola minoranza di estremisti, la maggioranza vuole la pace. Non c’è odio verso gli arabi, e ne sono molto, molto contento”.
Federico Pontiggia sul Fatto Quotidiano dedica le sue attenzioni a Sacha Baron Cohen ed al suo ultimo film Il dittatore, che sta riportando un enorme successo. I commenti di Pontiggia sul matrimonio ebraico voluto dal regista, con una moglie che, per amore, dopo tre anni di studio si è convertita, dimostrano che tutti farebbero bene a non affrontare argomenti che non conoscono a sufficienza se vogliono evitare di scrivere autentiche stupidaggini.
Nicoletta Tiliacos sul Foglio ritorna sulla vicenda del deputato magiaro che ha pubblicato il certificato della propria purezza genetica e sulle conseguenze che l’emissione di un simile certificato sta causando in Ungheria.
L’International Herald Tribune dedica un articolo ad un premio voluto da alcuni magnati russi da offrire a coloro che eccellono per i loro valori ebraici; nell’articolo si parla anche del profondo legame personale di Putin con un ebreo russo, oggi residente in Israele, che gli fu carissimo maestro di tedesco.
Infine, per coloro che fossero interessati, ricordo una lunghissima intervista su Rinascita al prof. Stefano Fabei che fa una lunga lezione di storia sui rapporti dell’Occidente coi paesi ricchi di petrolio o con una posizione geografica strategica, lezione che arriva fino all’epoca di Craxi (di Sigonella); l’intervista rispecchia una visione politica ben precisa della sinistra.
Emanuel Segre Amar