Voci a confronto

Dov’è Farouk al-Sha,ara, vice di Bashir al Assad? Sembra la domanda che poneva astiosamente un Adolf Hitler nei suoi ultimi giorni di vita, autoreclusosi nel bunker della cancelleria del Reich («millenario»…), nel mentre i russi erano oramai a pochi chilometri dal suo rifugio. Il führer della Germania, si inquietava del riscontro che i topi fuggissero nel mentre la nave affondava: così con i gerarchi e, soprattutto con il cognato (marito della sorella di Eva Braun) Hermann Fegelein, generale delle SS, pescato nella sua casa di Charlottenburg, in abiti civili, mentre cercava di tagliare la corda. Per la cronaca, costui fu riportato al cospetto di Hitler, degradato e prontamente fucilato tra una bomba e l’altra delle tante che oramai cadevano nel cortile di quello che era stata, un tempo, il centro dell’Europa nazista. Su quale sia la sorte di al-Sha’ara, sunnita, gran visir della corte siriana, si interrogano le maggiori testate italiane e internazionali. Nel caso nostro il rimando obbligato è a il Sole 24 Ore, Lorenzo Cremonesi su il Corriere della Sera, a Mirko Molteni per Libero, Livia Ermini su il Messaggero, Alix van Buren per Repubblica e Marco Bresolin su la Stampa. A questi articoli, di taglio più cronachistico, si associa poi l’analisi di Ugo Tramballi su il Sole 24 Ore. Che la crisi siriana sia ben lontana dall’essere ad un punto di svolta, con una soluzione definitiva e la prevalenza di una delle fazioni in campo, era cosa nota agli analisti. Parte d’essi, nelle settimane scorse, dinanzi alla temporanea prevalenza degli insorti ad Aleppo (sulla situazione odierna si veda la corrispondenza di Domenico Quirico per la Stampa), avevano comunque messo in guardia dal giudicare come in via di conclusione il violento scontro armato che, oramai, si trascina da diversi mesi. Ciò a cui stiamo assistendo è l’agonia del potere del clan Assad; più o meno lunga, finirà di certo con il crollo del gruppo alauita. Quando, tuttavia, non è possibile saperlo. Già avevamo avuto modo, in una passata rassegna, di porre in rilievo l’importanza del sostegno russo e di quello cinese al regime sanguinario dell’oftalmologo con il collo da rettile. Finché Mosca e Pechino valuteranno come rilevante per i loro interessi il mantenere inalterato il quadro, le cose proseguiranno per come le stiamo vedendo: una guerra civile, tra fazioni contrapposte, che è precipitata dentro la società siriana. Già si era anche detto dell’impegno iraniano, in un’ottica di pan-sciismo, nel puntellare Damasco. Se Assad precipita (e, ripetiamo, ciò avverrà poiché ha perso definitivamente il controllo, sia pure violento ed autoritario, della società), in tutta probabilità anche il Libano pagherà un pedaggio corposo, come sottolinea Michele Giorgio su il Manifesto: Hezbollah rimarrà isolato, Hamas, che pure sciita non è ma interagisce con i “cugini” del fondamentalismo iraniano e libanese, si ritroverà in uno scomodo cantuccio, al quale la Fratellanza musulmana egiziana, ora impegnata in un delicatissima partita per il potere al Cairo (si vedano al riguardo le considerazioni di Bernardo Valli su la Repubblica di ieri), non è detto che offrirà protezione e riparo. Non a costo zero, quanto meno. Si tenga poi conto che tutti movimenti islamisti di regime, a partire da quello cairota, sono minacciati ai loro fianchi dalle formazioni salafite, di scarsa osservanza saudita – l’Arabia (in)felix ha sempre ambito al ruolo di madre, anzi, di matrona del radicalismo, essendo di fatto una dei grandi registi – e molto propensi a scompaginare i tentativi di transizione, laddove questi si sono dati, in corso in diversi paesi mediorientali. Interrogativi in tal senso sarebbe opportuno che ce li ponessimo riguardo alla geografia clanica delle fazioni in Libia (Gheddafi, è risaputo, costituiva un baluardo nei confronti dei fondamentalisti; della serie “He may be a son of a bitch, but he’s our son of a bitch”). Se ci si sposta in Tunisia ferve la discussione sull’introduzione, nella nuova Costituzione, della nozione di «complementarietà» tra uomo e donna, al posto dell’eguaglianza. Il discrimine non è solo lessicale ma rinvia alla nozione di diritti e di reciprocità. Così nel resoconto di Viviana Mazza per il Corriere della Sera insieme ad un assai poco condivisibile commento di Francesco D’Agostino su l’Avvenire. Il secondo, in sintonia con parte del pensiero cattolico, tematizza la centralità non dell’individualità (che è, tra le altre cose, sempre sessuata) bensì del rapporto, ovvero del legame, di coppia, tra maschio e femmina. Ma nelle moderne Costituzioni laiche la soggettività si dà sempre come un dato imprescindibile, che certo esiste anche in virtù delle sue molteplici relazioni con l’ “altro da sé” e che tuttavia è titolare di diritti a prescindere da questo pur ovvio riscontro. Men che meno, poi, se la relazione è quella, quanto meno implicitamente, sottesa da un rapporto matrimoniale, come se solo questo fosse l’obbligato approdo per un individuo, non importa se uomo o donna.

Claudio Vercelli