Antisemitismo – I venti dell’odio attraverso i secoli

Degno di attenzione un volume recentemente apparso in Germania, nel quale l’autore, Volker Herholt, si impegna in un’attenta analisi del fenomeno dell’antisemitismo nel mondo antico, ai fini di una più meditata comprensione dell’intrinseca natura del velenoso fenomeno storico (Antisemitismus in der Antike. Kontinuitäten und Brüche eines historisches Phänomens).
L’autore parte da una constatazione di fondo, ossia la presa d’atto che di antisemitismo, relativamente al mondo pagano precristiano, non si parla mai, o quasi mai, giacché il termine, o i suoi equivalenti, sia pure variamente intesi, risultano adoperati soltanto a partire dall’avvento del cristianesimo, che avrebbe introdotto il pregiudizio ideologico verso il popolo mosaico, ritenuto integralmente e perpetuamente responsabile per non avere voluto riconoscere quel Messia la cui venuta diceva di attendere, e di averlo anzi messo a morte. Secondo le ricostruzioni correnti, questa contrapposizione, dopo avere segnato di sé tutti i secoli del Medio Evo e dell’età moderna, si sarebbe quindi trasformata, a partire dall’Illuminismo, nelle nuove forme di ostilità antigiudaica, diverse da quella di matrice teologica, e tuttavia a questa direttamente collegata, in quanto evidentemente nutrite dalla millenaria predicazione di odio e intolleranza.
Herholt nota quindi che, nella storiografia dominante, la storia del popolo ebraico, e, soprattutto, dei rapporti verso di esso da parte delle altre culture e civiltà, apparirebbe spezzata da una netta cesura, segnata dall’avvento del cristianesimo (dapprima col suo consolidamento dottrinale, fin dal secondo secolo, e, ancor più, con la sua vittoria politica, con Costantino), evento che determinerebbe un chiaro spartiacque, valevole a separare le vicende tra un ‘prima’ e un ‘dopo’: e le indagini sull’antisemitismo sarebbero così state tutte confinate nel solo spazio cronologico del ‘dopo’, quello del ‘tempo cristiano’, giacché, prima di esso, il fenomeno non sarebbe esistito.
Questa impostazione, però, secondo Herholt, sarebbe errata, dacché l’avvento del cristianesimo non avrebbe affatto segnato la ‘nascita’ dell’antisemitismo, ma unicamente una sua risignificazione ideologica, sia pur particolarmente importante e significativa, la quale non avrebbe fatto altro che fornire nuovi pretesti ideologici e nuovi strumenti di giustificazione a una forma di ostilità (l’ostilità antiebraica) che già sarebbe esistita nel mondo pagano. La storiografia sarebbe quindi in difetto, dal momento che si sarebbe costantemente schierata nel senso di una netta cesura e discontinuità storica tra era pagana e cristiana, che non troverebbe adeguato riscontro nella realtà, e parrebbe anzi contraddetta dalle numerose testimonianze (soprattutto Tacito, e alcuni passi di Cicerone, Ovidio, Orazio, Giovenale, Marziale) di un pregiudizio antiebraico presente anche nell’antichità pagana.
Le conclusioni di Herholt, però, nonostante la serietà dell’impegno profuso, e l’onestà intellettuale dell’autore, sono da respingere. I coloriti giudizi antiebraici degli autori pagani riportati (come quelli tratti dal quinto libro delle Historiae di Tacito: “teterrima gens”, “despectissima pars serventium”, la “gens supestitioni obnoxia, religionibus adversa”, “proiectissima ad libidinem”, il “genus hominum invisum deis”) appartengono semplicemente al ricco panorama della letteratura polemica romana contro barbari e peregrini, e non hanno proprio niente a vedere con quello che siamo abituati a chiamare antisemitismo. Gli ebrei si presero, nel mondo pagano, la loro buona dose di insulti e invettive, come tutti gli altri popoli, ma non divennero mai una gente maledetta, segnata da un indelebile marchio di Caino, come sarebbe avvenuto in età cristiana.
La cesura (il “Bruch”) tra il mondo pagano e l’era cristiana, nonostante le obiezioni di Herholt, esiste, e tra la giudeofobia ‘politica’ degli autori pagani e quella ‘teologica’ dei Padri della Chiesa c’è una netta, innegabile differenza qualitativa. Ma, anche chi non voglia scorgerla, dovrebbe per lo meno provare a confrontare i due fenomeni sul piano quantitativo, per poi cercare di spiegare l’impressionante lievitazione dell’antigiudaismo a partire da un certo momento storico: quanti ‘antisemiti’ pagani ha trovato Herholt, alla fine di un’analisi attenta e minuziosa? Tacito, un po’ di Cicerone, e poco altro. Quanti ce ne sono ‘dopo’? Occorrerebbero molte pagine a fare un elenco solo dei più noti.

Francesco Lucrezi, storico