“Raccontiamo i valori dietro ai numeri”

“Fino a qualche decennio fa si riteneva sufficiente comunicare esclusivamente i dati relativi all’andamento economico e finanziario della gestione, perché queste erano le prevalenti informazioni richieste da quanti avevano interessi nelle aziende. Oggi esiste un interesse generale che si manifesta non solo come somma delle aspettative delle singole persone che con l’azienda intrattengono rapporti diretti, ma anche come interesse della collettività”. Con questa spiegazione l’Associazione nazionale per il bilancio sociale introduce il fenomeno che ha spinto negli ultimi anni un numero sempre maggiore di società (anche se, come spiega qui a fianco Aviram Levy, non così tante in Italia) a raccontare la propria realtà oltre le cifre, nella pubblicazione Principi di redazione del bilancio sociale, edita da Giuffrè. Un discorso che diventa ancora più fondamentale per gli enti senza scopo di lucro. Quali valori nascondono i numeri? Una cifra spesa per organizzare un evento culturale, o per assistere una famiglia in difficoltà, ha la stessa valenza della medesima cifra investita in articoli di cancelleria? La risposta potrebbe apparire scontata: le differenze esistono, e a maggior ragione quando si ha a che fare con istituzioni il cui scopo, diversamente da quanto accade per le aziende, è quello di essere al servizio della collettività. Ma formalmente non è così semplice trovare una soluzione per metterle in evidenza. Questo è uno degli obiettivi che si è posto l’assessore al Bilancio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, entrata per la prima volta nel Consiglio UCEI la scorsa estate nelle file della lista tutta al femminile di Binah. “Il punto di partenza necessario è la consapevolezza del fatto che il bilancio ha i suoi limiti nel raffigurare la realtà. Ritengo sarebbe importante che le Comunità ebraiche italiane, e dunque in primo luogo la loro Unione, diventino invece capaci di rappresentare se stesse andando oltre i semplici parametri finanziari – spiega Di Segni raccontando l’origine dell’idea di indirizzare i conti dell’UCEI verso una forma di rappresentazione che non sia più semplicemente quella classica del bilancio pubblico o civilistico – L’intento è quello di cominciare a inserire degli elementi di bilancio sociale nei nostri documenti. Cioè di trovare il mondo di contemplare, accanto alla spesa effettuata, il beneficio da essa generato”. La domanda fondamentale è naturalmente quella di come riuscire a realizzare questo proposito da un punto di vista tecnico, che è ovviamente una prospettiva che non può essere trascurata quando si parla di documenti così delicati. “Al momento abbiamo cominciato a provare ad accompagnare i numeri a una serie di dati qualitativi – prosegue l’assessore Di Segni – Per fare un esempio, quando parliamo delle spese per il Collegio rabbinico, possiamo prendere in considerazione anche i benefici in termini di numero di alunni, di insegnanti, di attività svolte, e così via, per i quali si sopportano quei costi”. Certo, le difficoltà sono tante, compreso il fatto che il valore qualitativo che viene attribuito a ogni iniziativa può essere molto variabile a seconda della visione di cui ciascuno è portatore a proposito di quella particolare manifestazione. Ma nella volontà di sviluppare una maggiore trasparenza e chiarezza dei dati è un percorso che secondo l’assessore al Bilancio vale la pena intraprendere. “La strada è senz’altro lunga e complessa, ma io penso che quella del bilancio sociale sia una realtà che merita questo approfondimento. E non soltanto a livello di UCEI, il mio auspicio è che possano essere coinvolte nel percorso le singole Comunità: il primo passo potrebbe essere quello di accompagnare il bilancio con una relazione qualitativa sui suoi contenuti”.

Rossella Tercatin, Pagine Ebraiche aprile 2013
(28 marzo 2013)