Qui Torino – In cammino, nel nome di Emanuele Artom


In cammino, dalla stazione ferroviaria a Piazzetta Primo Levi. Così la città di Torino, ha ricordato il coraggio di chi si oppose alle violenze e ai soprusi del nazifascismo, nel nome del giovane partigiano ebreo Emanuele Artom. All’indomani dell’appuntamento di Yom HaShoah il corteo, organizzato dalla Comunità ebraica di Torino e Casale Monferrato e dalla Comunità di Sant’Egidio, ha percorso le strade del capoluogo piemontese. Ad intervenire il presidente della Comunità Beppe Segre, la preside della scuola ebraica Sonia Brunetti, l’ex partigiano Ugo Sacerdote e Daniela Sironi della Comunità di Sant’Egidio. “Emanuele Artom lascia a tutti noi la testimonianza tragica e coraggiosa di un uomo che non esitò a sacrificare la propria vita per affermare le ragioni della libertà, della giustizia e del diritto”, ha scritto il sindaco Piero Fassino in un messaggio letto dall’assessore Ilda Curti. “Viviamo tempi – ha aggiunto Fassino – in cui assistiamo a eventi di revisionismo storico, di rigurgiti antisemiti e antiebraici che ci sollecitano a una costante azione di tutela democratica contro chi voglia inquinare la vita delle nostre società con veleni esiziali”. Per questo, ha esortato, è importante ricordare Emanuele Artom: “Perché quello che è accaduto non accada mai più e la nostra società possa vivere ogni giorno nella libertà e nel rispetto delle persone e della loro identità”. Tre, secondo Beppe Segre, gli insegnamenti che è possibile trarre dai diari di Artom. Innanzitutto la mitezza: “Pur nella ferocia della guerra civile – ha infatti affermato in apertura di corteo – riuscì a mantenere sempre un comportamento mite. Scrive nei suoi diari che spera di poter salvare qualche imputato dai tribunali rivoluzionari, se sarà eletto commissario politico, e riferisce la risposta del padre, che gli ricorda il detto talmudico che un tribunale che pronuncia la condanna di morte una volta per secolo deve già essere considerato molto severo”. Quindi il rigore etico. “Artom – ha ricordato – era animato da una sorta di imperativo categorico che lo spingeva all’azione e all’in­transigenza. Disprezzava soprattut­to gli opportunisti. A proposito di una richiesta di iscrizione al partito, riferisce una valutazione secondo cui quattro su cinque degli iscritti a qualunque par­tito aderirebbero con la speranza di far carriera. E sulla commistione tra politica e carriera dà un giudizio sprezzante: la cosa è disgustosa”. Infine, ha concluso Segre, l’impegno principale è dedicato all’educazione civica “per costruire le basi per la futura democrazia, per la nostra democrazia, nella consapevolezza che il fascismo si è imposto per l’indifferenza della maggioranza della popolazione”. Commovente la testimonianza di Ugo Sacerdote, che ha ricordato i passaggi biografici essenziali della vita di Artom.
“Sono ormai trascorsi molti anni dalla sua scomparsa. Con lui, nel 1943 – ha detto – si pensava che con la fine della guerra e l’auspicata sconfitta dei regimi totalitari ci si potesse aspettare, per un tempo indefinito, un avvenire di pace e di progresso politico, economico e sociale. La vita e le opere di Emanuele possono suggerirci il comportamento da adottare: pensiero e azione . Pensiero, nel senso di approfondire ed analizzare con spirito critico le soluzioni proposte verificandone l’aderenza agli immutabili e irrinunciabili principi di giustizia e di libertà. Azione, nel senso di sostenere e difendere sempre tali principi accettandone i rischi e respingendo ogni lusinga o compromesso”. Con la progressiva e inevitabile scomparsa dei vecchi partigiani, ha concluso, “tocca ora ai ragazzi delle nuove generazioni accendere e difendere la fiaccola della libertà” .
(10 aprile 2013)