Moked 5773 – Famiglia, educazione, scuola
La seconda sessione degli Stati Generali dell’ebraismo italiano, nel pomeriggio di ieri, era intitolata “La famiglia” ma, come ha subito spiegato nella sua introduzione il moderatore Raffaele Turiel, gli argomenti da affrontare erano molti e si è parlato di scuola, di famiglia, di ghiurim, di matrimoni misti. Rav Beniamino Goldstein ha introdotto la sua relazione spiegando come quando si tratta di questi argomenti sono sempre citati principalmente due argomenti, ossia i matrimoni misti e le conversioni. C’è però un altro problema, che forse non è solo tipicamente ebraico, ma che sicuramente ha particolare rilevanza per le comunità ebraiche italiane, ed è un problema di cui non si parla mai. È vero che mancano i giovani, ma mancano soprattutto i giovanissimi, e nonostante di famiglie numerose si parli addirittura nella Costituzione, all’articolo 31, sembra mancare la capacità di favorirle. E invece proprio a Modena, la comunità guidata da rav Goldstein, la scelta è stata opposta e la comunità si è impegnata a favorire l’arrivo e l’inserimento di studenti e di coppie giovani, con bambini piccoli, che aiutino la comunità a mantenersi viva e vitale. Non priva di difficoltà, certo, ma si tratta di una soluzione, ha suggerito rav Goldstein, che potrebbe aiutare soprattutto le piccole e piccolissime comunità. A seguire Jacov Belleli ha raccontato l’esperienza della Comunità ebraica di Trieste, che 26 anni fa ha scelto di aprire le porte della propria scuola ai bambini non ebrei, scelta obbligata non da scelte etiche ma dalla semplice e inevitabile realtà numerica. Al di là di qualsiasi altra valutazione, senza questa scelta non sarebbe stato possibile tenere aperta una scuola ebraica. Allora la difficoltà è di individuare quali famiglie di tradizione non ebraica siano disposte a condividere un percorso sicuramente condizionante nei confronti di tutta la famiglia, e come assicurarsi una continuità, in modo da poter garantire invece ai bambini della comunità la possibilità di frequentare una scuola ebraica. Un percorso sicuramente non scontato, che ha però ha anche fatto sì che negli ultimi decenni praticamente tutti i bambini della comunità di Trieste abbiano frequentato la scuola. Il centro del discorso di rav Alfonso Arbib, invece, è stato un ragionamento su cosa e come insegnare; partendo dall’osservazione che nonostante sia ovviamente giusto avere le idee chiare su chi e come si voglia formare ha ricordato che i percorsi educativi possono sempre riservare sorprese. Una cosa su cui non si possono avere esitazioni è invece il valore dell’esempio: per quanto chi insegna possa avere grandissime capacità bisogna ricordare che chi in prima persona non continua a studiare non insegna l’importanza dello studio, e se si vuole educare qualcuno bisogna essere chiari, non contradditori. Sono stati numerosi e decisamente appassionati gli interventi del numeroso pubblico che ha seguito con attenzione la sessione, e in particolare Daniela Pavoncello, coordinatrice della commissione UCEI che si occupa di scuola, educazione e giovani, ha segnalato come siano diversi i progetti elaborati dalla commissione che vanno nella direzione delle molte istanze sollevate, e che verranno valutati e auspicabilmente messi in opera in un prossimo futuro.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(26 aprile 2013)