Nuovo impegno contro chi semina l’odio

Presentato in Senato il disegno di legge in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, che prevede tra l’altro la pena fino a tre anni di reclusione e diecimila euro di multa a chi si rende responsabile di “attività di apologia, negazione, minimizzazione” degli stessi, oppure “propaganda idee, distribuisce, divulga o pubblicizza materiale o informazioni, con qualsiasi mezzo, anche telematico, fondato sulla superiorità o sull’odio razziale, etnico o religioso”, o infine incita altri a commettere tali attività, con esplicita menzione all’utilizzo delle nuove tecnologie. Un fronte sul quale costante e’ l’impegno dell’Unione delle Comunita’ Ebraiche Italiane e dei suoi referenti istituzionali. A firmare la proposta sono stati i capigruppo di tutte le formazioni politiche presenti in Parlamento esclusa la Lega Nord. Soddisfazione è stata espressa dal presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici: “Già nella scorsa legislatura l’Italia aveva effettuato passi decisivi in sede legislativa, con il contributo fondamentale del ministro Andrea Riccardi. Ora è il momento di portare a compimento un percorso che unisce trasversalmente tutto il Parlamento” ha spiegato dicendosi particolarmente lieto della firma di Vittorio Crimi, capogruppo del Movimento Cinque Stelle.
A proposito di Movimento Cinque Stelle, l’American Jewish Committee ha emesso una dura nota in risposta alle dichiarazioni del deputato Cinque Stelle Manlio Di Stefano: “L’American Jewish Committee (AJC) è costernato per la recente presa di posizione contro Israele da parte dell’onorevole Manlio Di Stefano del M5S. Nell’indire una protesta contro l’apertura dei Giochi UEFA a Tel Aviv il 5 giugno prossimo con il pretesto che questa data segna l’inizio della guerra del giugno 1967 che ha provocato l’annessione israeliana di Gaza, Gerusalemme Est, la Cisgiordania e le alture del Golan, egli mostra una triste lacuna nella conoscenza del contesto storico” dice Lisa Palmieri-Billig, rappresentante dell’AJC in Italia. ‘All’epoca infatti – si legge nella nota – nessuno dei territori contesi erano sotto il controllo palestinese: non era mai esistito uno Stato indipendente palestinese. Erano invece tutti nelle mani degli Stati arabi confinanti. Gaza apparteneva all’Egitto, Gerusalemme Est e la Cisgiordania erano state annesse dalla Giordania – annessione che fu riconosciuta da due sole nazioni al mondo – mentre le alture del Golan erano siriane. La Penisola del Sinai, anch’essa conquistata da Israele, fu poi restituita all’Egitto a seguito del trattato di pace siglato nel 1979 assieme al presidente egiziano Anwar Sadat. Poco prima che scoppiasse la guerra, l’Egitto chiuse l’accesso al Mar Rosso alle navi israeliane, convinse l’Onu a ritirare le sue forze di pace, ed assieme alla Siria, ammassò truppe al confine nell’esplicita minaccia di invadere Israele (la cui superficie è un cinquantesimo di quella dell’Egitto). Anche la Giordania acconsentì alla richiesta egiziana di entrare a far parte dell’alleanza. Il leader giordano dell’epoca, Re Hussein, ammise in seguito che ciò fu un errore. Per quanto riguarda l’aspetto religioso, malgrado un armistizio formale, la Giordania impedì sempre agli israeliani l’accesso a Gerusalemme Est per pregare nei luoghi sacri all’Ebraismo, molti dei quali furono profanati. Nessuno di questi paesi arabi fecero pressione alcuna per la creazione di uno Stato per il popolo palestinese, quando avevano la terra ed i mezzi per farlo. Il mondo arabo si trovò unanime solo nel negare il diritto ad esistere di Israele, a cominciare con il rifiuto del piano di spartizione in due stati votato dalle Nazioni Unite nel 1947. Va inoltre ricordato che quando Israele offrì terra in cambio di pace al termine delle ostilità, la risposta unanime delle nazioni arabe fu quella espressa nella dichiarazione di Khartoum del 1 settembre 1967: ‘Nessuna pace, nessun riconoscimento, nessun negoziato con Israele’. Dal momento che il Movimento 5 Stelle afferma che tutte le dichiarazioni fatte da suoi rappresentanti riflettono la linea ufficiale del partito, vogliamo augurarci che quando si tratta di occuparsi del conflitto israelo-palestinese, i suoi portavoce, armati di una conoscenza oggettiva della storia, avranno come scopo quello di trovare strategie per la pace, piuttosto che cercare l’occasione di provocare nuovi conflitti’.
Sulla questione è intervenuto anche il portavoce della Comunità ebraica di Roma Fabio Perugia, parlando di “clamorosi falsi storici” e accusando il parlamentare di “becero antisionismo”.

(28 maggio 2013)