Ticketless – La grande bellezza della televisione

Rincorso dall’idea che Toni Servillo possa diventare il nuovo Marcello Mastroianni sono andato a vedere “La grande bellezza”, l’ultimo film di Sorrentino, da molti definito “La dolce vita” dei giorni nostri. Sono rimasto un po’ deluso, non da Servillo che è bravissimo qualunque parte interpreti, ma dalla fragilità degli altri attori e dalla vaghezza di una sceneggiatura in stile fiction televisiva. Se Sorrentino avesse avuto a disposizione un Flaiano, ho pensato. Nella Roma odierna, Flaiano sarebbe un marziano, come il titolo di un suo famoso libro. Su Flaiano segnalo l’uscita della ricca monografia appena pubblicata da Gino Ruozzi (“Ennio Flaiano. Una verità personale”, Carocci),
Siccome in queste ultime settimane mi è capitato più di una volta di citare viaggiatori non distratti in Israele, vorrei ricordare proprio ciò che Flaiano scrisse di Gerusalemme e soprattutto di Tel Aviv dopo il suo viaggio del 1967, all’indomani della guerra dei sei giorni (sono pagine che si possono rileggere nel volume “Un giorno a Bombay”, Rizzoli, 1980). Flaiano era attratto dal turismo di massa, i caffè che s’affacciavano in Via Veneto amava paragonarli agli stabilimenti balneari. Gli israeliani gli appaiono comparse ideali per un film. Scrive che gli israeliani sono un popolo di turisti e fin qui nulla di originale, basta frequentare aeroporti e freccerosse . Colpisce il confronto con l’Italia che diventa quasi un’ossessione: “[Israele] è forse l’unico paese mediterraneo dove il caldo non favorisce lo sviluppo della burocrazia, della paraburocrazia. Mancano gli uscieri. Entriamo in un ministero e dobbiamo trovarci da soli il ministro, terzo piano, stanza tale”. Flaiano rimane stupefatto di fronte alle cifre iperboliche degli abbonati alle stagioni dei concerti e dalla quantità di sale cinematografiche a Tel Aviv. Un fatto però lo attrae più d’ogni altro. Siamo nel 1967, Flaiano arriva da un paese in cui la concorrenza della televisione sta diventando fortissima. In Israele, invece, la scatola dei sogni “non esiste”. Il governo ha deciso che la popolazione “può farne a meno”. Come già Montale in visita nel 1964 e Pasolini nel 1963 è la cosa che colpisce di più il visitatore italiana. Scoprire che Israele è un paese in cui la televisione è considerata “una spesa dannosa”. Qui si misura la moralità di un giovane popolo. La cosa, conclude Flaiano, “infiamma di simpatia per un governo che nemmeno conoscete”. Non immaginava che la televisione sarebbe stata capace di uccidere anche il ricordo della dolce vita.

Alberto Cavaglion

(26 giugno 2013)