Apriti Sesamo, e porta cooperazione

La fisica del secolo scorso, la relatività, la meccanica quantistica hanno cambiato il mondo. In questi mesi la scienza sta dimostrando una volta di più di avere anche un’altra grande possibilità: far collaborare nazioni e popoli che normalmente si farebbero la guerra. Come ha raccontato anche Science and Diplomacy il progetto SESAME – Synchrotron-light for Experimental Science and Applications in the Middle East – sta dimostrando che Autorità palestinese, Cipro, Egitto, Giordania, Iran, Israele, Pakistan e Turchia posso lavorare insieme, per un obiettivo comune, come ben raccontano coloro che sono direttamente coinvolti nello sviluppo del progetto. E l’Italia non sta a guardare, ma collabora al progetto fino dalla sua ideazione, e ora con cospicui finanziamenti e anche mettendo a disposizione la competenza dei propri scienziati e dei propri tecnici, come ha raccontato sul dossier Sentieri di scienza, nel numero di Pagine Ebraiche in distribuzione in questi giorni Ferdinando Ferroni. Il presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare è anche docente di Fisica Sperimentale alla Sapienza di Roma, e – pur essendo un fisico sperimentale – recentemente ha anche dichiarato di condividere la sensazione provata dal suo collega Eliezer Rabinovici (il rappresentate di Israele in SESAME): “In qualità di teorico delle stringhe, io lavoro sugli universi paralleli. Sono sempre stato curioso di capire a cosa possa assomigliare un universo parallelo, e ora lo so perché quando partecipo agli incontri del progetto SESAME vivo dentro uno di essi.”

at twitter @atrevesmoked
(3 luglio 2013)

Metti una sera d’inverno un viaggiatore… che vi racconti che in Medio Oriente, una regione che normalmente non fa venire in mente pace, scienza, cooperazione internazionale, si sta costruendo una macchina, un acceleratore di particelle da usare come un super microscopio, con il contributo di un certo numero di partner improbabili: Autorità palestinese, Cipro, Egitto, Giordania, Iran, Israele, Pakistan, Turchia. Ebbene sì, un investimento dell’ordine di 100 milioni di euro che si può vedere, a buon punto della costruzione e a due anni circa dell’entrata in funzione a 30 km a Nord di Amman, Giordania. Andiamo con ordine, cosa è una macchina per la luce di sincrotrone, a che serve, come nasce questa incredibile avventura e cosa c’entriamo noi italiani? Un sincrotrone è un insieme di radiofrequenze (campi elettrici acceleranti) e magneti (che curvano le particelle cariche) disposti lungo una orbita circolare. In un tubo dove è stato fatto il vuoto circolano elettroni (o protoni) che viaggiano a velocità prossime a quella della luce. Il più famoso acceleratore di particelle di questo tipo è il Large Hadron Collider del CERN di Ginevra dove è stato recentemente scoperto il bosone di Higgs. Gli elettroni quando sono sottoposti a una accelerazione hanno la ottima (in realtà dipende dai punti di vista) abitudine di emettere radiazione elettromagnetica (infrarossi, luce visibile, raggi X). Tanto più elevata è la velocità della particella, tanto minore è la lunghezza d’onda della radiazione emessa. Questa luce può essere usata per studiare campioni di vario tipo e comprenderne le proprietà. Ci sono molteplici impieghi della luce emessa da queste macchine, a buon titolo chiamate sorgenti di luce. Tra i tanti esempi la litografia per la produzione di chip per computer, studi di assorbimento e scattering, cristallografia di proteine e molecole complesse, spettroscopia per l’analisi dei materiali, in medicina per la diagnosi per immagini e la terapia tumorale o per i beni culturali (datazioni, attribuzioni, tecniche pittoriche etc.). E’ del tutto evidente che, in ogni paese in cui la scienza svolge un qualche ruolo, una macchina di questo tipo è necessaria, pena la totale dipendenza da infrastrutture altrui. In Italia ad esempio ci sono due sorgenti di luce, una complessa e articolata a Trieste (sincrotrone Elettra) e una ai laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare a Frascati. E quindi capiamo la necessità che il Medio Oriente si doti di una di questa macchine. E nasce l’idea di SESAME (Synchrotron-light for Experimental Science Applications in Middle East) o anche e piuttosto “Apriti Sesamo!”. Perché però un sincrotrone che vede insieme Autorità palestinese e Israele, Egitto e Iran, è concepibile in un quadro così complesso? Per capirlo dobbiamo riflettere su una comunità, quella dei fisici delle particelle (o delle Alte Energie) che ha una tradizione sconosciuta alle altre scienze. La fisica del secolo scorso, la relatività e la meccanica quantistica ha cambiato il mondo ma i suoi protagonisti sono stati al centro della tragedia tremenda della seconda guerra mondiale, molte delle menti più alte, appartenendo alla comunità ebraica, hanno subito ciò che si ha difficoltà oggi persino a concepire. Il superamento di questo trauma ha fatto nascere una cooperazione che senza dimenticare storia, politica o religione, ha visto la cancellazione delle barriere nazionali ben prima che la stessa Comunità europea per il Carbone e Acciaio vedesse la luce. Il CERN di Ginevra, fondato da Amaldi, Auger e Kowarski con l’aiuto prezioso di Raabi ne è l’esempio luminoso. E dunque? A metà degli anni ’90 un gruppo di scienziati volenterosi propose di seguirne l’esempio in una scala adeguata al Medio Oriente. Il prof. Sergio Fubini (1928-2005) di Torino mise in moto quel processo di idee e volontà che è capace di smuovere le montagne (o, come in questo caso, rimuovere i macigni!). Fatemi citare qualcuno perché sia chiaro come il nostro paese abbia avuto un grande ruolo ma il supporto non mancò. Amati, Bonaudi, Devoto, Fubini a capo del comitato e Eytan Domany, Mohamed A.H. El Fiki, Ahmed El Iblary, Hanna. A. Hallak, Humam Ghassib, Eliezer Rabinovici, Edward Sader e altri. E con un ruolo importante della ICTP di Trieste. Immaginatevi ora le difficoltà di incontrarsi per tutti i promotori (cospiratori?). I governi sanno ma preferiscono che non se ne parli. Gli incontri devono essere in territorio neutro, organizzazioni internazionali o luoghi poco visibili. A novembre del 1995 il gruppo dei volenterosi organizza un convegno con personalità eminenti e qualche premio Nobel. In una tenda di beduini nel deserto del Sinai! Un minuto di silenzio in memoria di Yitzhak Rabin e un terremoto forza 7. Di che dubitare dell’appoggio della Superiore Autorità! Beh, il tempo passa, l’idea, con i soliti stop and go progredisce e nel 2000 si parte veramente. L’Italia purtroppo si fa da parte e la costruzione inizia, la Giordania viene scelta come sito. Ora siamo vicini alla meta, manca quello scatto di reni che permetterà alla macchina di essere operativa nel 2015. Le difficoltà economiche hanno reso più complesso il quadro finanziario e se si vuol finire bisogna mettere mano al portafoglio. L’Italia vuole ed è orgogliosa di fare la sua parte. Grazie all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che ha posto all’attenzione del Ministero della Ricerca il problema, il nostro paese ha deciso di contribuire con un milione di euro per l’anno corrente e con una promessa di un analogo contributo per ciascuno dei quattro anni a venire. Una macchina per la Scienza e per la Pace e noi, con orgoglio, ci siamo.

Ferdinando Ferroni, Presidente Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Pagine Ebraiche, Luglio 2013