Geografie

tobia-zeviIn Nigeria vivono un miliardo di persone. In Africa più di quattro, quasi quanto nel Sudest asiatico. In Europa circa 650 milioni, in Italia più o meno 45. Totale nel mondo: undici miliardi. Ogni anno emigrano 300 mila donne e uomini dal Bangladesh, 200 mila dal Messico, 170 mila dal Pakistan. Solo in Italia ne arrivano 130 mila ogni dodici mesi, per non parlare di paesi più attrattivi come Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna. Sono questi gli scenari demografici (sempre volatili) da qui al 2100, rivisti recentemente dall’Onu, pieni di dati interessanti e sorprendenti.
Se era abbastanza prevedibile la progressiva irrilevanza dell’Europa, non ci si aspettava un’esplosione africana di questa entità. Il che non costituisce solo una rivoluzione geopolitica, ma pone un serio problema di sostenibilità ambientale: come potranno vivere, a ridosso dell’Equatore, un miliardo di nigeriani su un territorio sempre più caldo e desertificato? Le migrazioni caratterizzeranno i prossimi decenni, e l’Africa la farà da padrona. Le nostre città saranno più multicolori, con tutti i problemi di integrazione che già conosciamo.
Non si capisce perché l’Onu indichi negli anni a ridosso del 2100 una riduzione drastica dei fenomeni migratori, ed è evidente che queste previsioni saranno ritoccate anche in relazioni a fenomeni imprevedibili (calamità, pandemie ecc.). Rimangono alcune tendenze di fondo utili anche da un punto di vista comunitario: la popolazione ebraica sarà sempre più diluita e insignificante rispetto al totale, e meno influente dal punto di vista geopolitico (non ci sono ebrei in Africa e Asia!).
Non si può escludere che la geografia ebraica si trasformi in relazione a questi cambiamenti, ma sicuramente bisognerà interagire col nuovo mondo. In questo senso sembra particolarmente lungimirante la politica israeliana di relazioni forti con i paesi africani, che tuttavia non potrà essere sufficiente. Compito delle organizzazioni ebraiche sarà stabilire una rete di alleanze interreligiose e interculturali. In Africa, per esempio, non c’è un sentimento radicato di antisemitismo, e questo è indubbiamente un vantaggio. Nei prossimi decenni si gioca una sfida epocale per la sopravvivenza del pianeta. Una sfida più piccola, ma non più facile, è quella che riguarda la sopravvivenza del popolo ebraico.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi

(23 luglio 2013)