Tornare in Portogallo
Le comunità ebraiche plaudono di fronte alla recente “legge del ritorno” in Portogallo. Da quanto ho capito, si tratterebbe, in effetti, di una via di mezzo tra due esperienze note: la legge del ritorno israeliana, che consente, a chiunque dimostri di essere ebreo secondo la legge nazista, di diventare cittadino israeliano; la legge tedesca, che a partire dagli anni Novanta attribuisce la cittadinanza agli ebrei dell’ex-Unione sovietica i cui avi subirono persecuzioni da parte della Germania.
Ci sono dunque differenze significative. Se la legge israeliana è di facile applicazione (non senza problemi di natura religiosa), assai più impalpabile è la normativa tedesca, che si riferisce a fatti lontani nel tempo e a beneficiari che in molti casi non hanno mai vissuto ebrei. Va comunque sottolineato che, grazie a questa legge e alla fiorente economia, la Germania sessant’anni dopo la Shoah è divenuta la terza comunità ebraica più numerosa d’Europa. Queste difficoltà di applicazione diventano addirittura enormi nell’esperimento portoghese. Si tratterebbe di individuare perseguitati di cinquecento anni fa, certificarli, distinguerli dai più numerosi ebrei spagnoli, e infine fare richiesta di ammissione al programma.
In tutta onestà non riesco a immaginare quante persone potranno effettivamente diventare cittadini portoghesi. E non so prevedere se questa normativa potrà avere anche una ricaduta sulla gracilissima economia lusitana.
Penso piuttosto che si tratti di “pedagogia normativa”, un provvedimento riparatore che vuole aumentare la consapevolezza storica dei portoghesi del XXI secolo. Sarebbe interessante promuovere una ricerca sull’efficacia di decisioni e gesti di “pedagogia istituzionale”. Willy Brandt in ginocchio di fronte al Ghetto di Varsavia, Helmut Kohl e Jacques Chirac mano nella mano a Verdun, papa Giovanni Paolo II che chiede perdono per le persecuzioni agli ebrei, Barack Obama che chiede scusa agli indiani d’America. Gesti che hanno fatto la storia e che giustamente abbiamo salutato con entusiasmo. Ma di cui non conosciamo il grado di penetrazione reale.
A forza di concentrarci sui grandi momenti della Storia, potremmo scoprire qualcosa di molto più scomodo. Che la gran parte delle persone non ricorda questi gesti. E che il grande pubblico italiano ha scoperto gli ebrei grazie alla partecipazione al Grande Fratello di Jonathan Kashanian e non grazie alle affermazioni epocali dei vari pontefici.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
Twitter: @tobiazevi
(13 agosto 2013)