…preoccupazioni

L’UCEI si è dotata per statuto di un Consiglio di ‘probi viri’, il cui compito, si presume, è di garantire la correttezza degli atti e della vita delle nostre Comunità. Naturalmente l’organo non è tenuto a preoccuparsi della continuità nella vita comunitaria. Ed è un peccato. Ma, di fronte a esplosivi e inappellabili pareri, sorgono spontanee alcune semplici domande: E’ possibile che per deliberare su un banalissimo ricorso si tenga in sospeso la vita di una Comunità per sei mesi, quando si avrebbe il dovere statutario di deliberare entro sessanta giorni? E’ accettabile che ci si orienti in un modo, poi si cambi direzione senza sentirsi in obbligo di spiegare a chicchessia i motivi del ripensamento? E’ ammissibile che si possa evitare di tenere in conto un orientamento interpretativo del Consiglio di Stato con la motivazione che la comunità non è un ente pubblico, come se le metodologie di definizione della ‘metà più uno’ dei consiglieri di una comunità potessero dipendere dal fatto che la stessa sia un ente pubblico o un ente privato? Ed è concepibile che il parere di un Consiglio di probiviri, non sempre e non tutti autorevoli esperti di diritto statutario, sia considerato inappellabile, non soggetto a contestazioni per un secondo grado di giudizio? E se i probiviri non possono prendersi carico della continuità della vita comunitaria, chi altro può farlo? Infine, se questo dev’essere il modus operandi, è esagerato preoccuparsi per la sorte delle nostre istituzioni?

Dario Calimani, anglista

(10 settembre 2013)