Ticketless – Vercelli o il ricordo d’infanzia


cavaglionL’autunno, si sa, con la malinconia, accentua il male che i francesi chiamano dell’autobiografia. Spronato dal libro, davvero toccante, di Anna Foa (Portico d’Ottavia, 13 Laterza), dove si narra la storia di una cinquecentesca casa ebraica passata attraverso la razzia del 16 ottobre 1943, sono sceso dal treno, per fermarmi a Vercelli, la città dove da bambino per qualche tempo ho abitato. Non ho resistito alla tentazione di ritrovare la mia Casa. E poi, mi sono detto, dopo aver tanto frugato, in questa rubrica, dentro le case degli altri, perché non dedicare un Ticketless ad una casa che sento anche mia?
Si affaccia sulla piazza dedicata al sostenitore dell’emancipazione, Massimo D’Azeglio. La sinagoga è a due passi, sullo spigolo dello stesso isolato c’era il negozio di tessuti di mio nonno. In verità è per cavaglion vercellicercare in Archivio di Stato notizie su di lui che mi sono fermato a Vercelli. Finito il lavoro sono andato sotto questo balcone. Il mio più remoto souvenir d’enfance non si nasconde infatti dentro una casa, che pure ricordo nei minimi dettagli, ma fuori, sul balcone. Lassù ho passato pomeriggi di noia, oltre che di sano terrore. Nella piazzetta adiacente si teneva il mercato delle rane. Sfido un bambino a sentirsi sicuro là dove brandelli di rane superstiti del massacro parecchie ore dopo la chiusura del mercato saltellavano ancora qua e là cercando di ricomporre un’impossibile unità. In uno di quei pomeriggi di noia e di terrore infilai la gamba in mezzo ai sinuosi ornamenti in ferro arrugginito, gli stessi che si vedono nella foto. Non c’era modo di estrarre la gamba. Chi era rimasto a sorvegliarmi stava per arrendersi e chiamare un fabbro, per restituire alla libertà il proprietario di quella gambina da rana penzolante nel vuoto. Nel novembre 1943 quella casa era stata abbandonata di notte dai proprietari braccati dai tedeschi. Il fondaco del nonno era stato sequestrato e svuotato. Chi avrebbe immaginato che di quel negozio l’archivio vercellese mi avrebbe un giorno restituito un documento curioso. Racconterò questa storia nel prossimo Ticketless. Per adesso il lettore si accontenti di sapere che a passo veloce, lieto di osservare l’atletica mobilità dei miei arti inferiori, sono ritornato alla stazione, con un minore carico di malinconia, carico però di fotocopie.

Alberto Cavaglion

(16 ottobre 2013)