Firenze si inchina al coraggio di Bartali

BARTALI thumbA una settimana dalla solenne cerimonia organizzata nel 70esimo anniversario della deportazione di ebrei dalla Toscana la sinagoga di Firenze torna a riempirsi di gente, emozioni, testimonianze. Oggi si racconta un’altra storia, di genere diametralmente opposto: la storia di Gino Bartali il Giusto, che lo Yad Vashem celebra con il tributo più significativo per il suo impegno come staffetta clandestina e protettori di ebrei durante il nazifascismo.
Tra gli ospiti della Comunità ebraica di Firenze, del suo presidente Sara Cividalli e del rabbino capo Joseph Levi, alcuni testimoni del coraggio di Gino: Giorgio Goldenberg, l’ebreo fiumano nascosto in una cantina di via del Bandino; suo cugino Aurelio Klein, che in quella casa trovò rifugio prima di espatriare in Svizzera; Aldo Baquis, che legge un breve ma intenso messaggio della madre Giulia Donati. A distanza interviene anche Renzo Ventura che ricorda come, grazie a Bartali, la sua famiglia abbia potuto vivere “attraverso le generazioni”.
Le corse del coraggio tra Toscana, Liguria e Umbria. I mesi della clandestinità in zona Gavinana. I rapporti con la Curia e con i vertici della Delasem. Tanti i cassetti che si aprono, un racconto che emoziona e commuove. .
“La scorsa settimana abbiamo parlato di delazioni. Oggi invece ricordiamo chi ha gettato luce in un periodo buio. A Gino Bartali e agli altri Giusti la nostra eterna riconoscenza”, spiega Cividalli.
“Siamo qui riuniti – incalza il rabbino capo Joseph Levi – per celebrare un uomo che si è sempre ispirato a valori ‘alti’. Un traguardo, quello dello Yad Vashem, cui è stato possibile arrivare grazie allo sforzo congiunto di varie persone. Una grande prova della nostra società nel senso più esteso del termine”.
A rendere omaggio a Ginettaccio anche il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che spiega come a fare grande una città non siano solo le pietre “ma anche le persone, le persone come Bartali”, e dall’ambasciatore d’Israele a Roma Naor Gilon, che si sofferma sugli ingranaggi della rete di assistenza clandestina in cui il ciclista prestò servizio a rischio della propria vita.
A dare il senso di un eroismo che fu silenzioso e schivo ma anche profondamente consapevole sono le parole pronunciate da Andrea Bartali, uno dei tre figli del campione. “Mio padre – sottolinea – ce lo ha sempre insegnato. Lo sport, se non è lezione di vita, non serve a niente”.
(Nell’immagine l’ambasciatore d’Israele a Roma Naor Gilon consegna l’attestato dello Yad Vashem ai tre figli di Gino Bartali – Andrea, Luigi e Biancamaria)

Adam Smulevich

(18 novembre 2013)