…apertura
Quest’anno i cittadini statunitensi celebrano una strana Chanukkah. La festa coincide con il Thanksgiving, e pare sia solo la seconda volta dalla sua istituzione, ufficializzata nel 1863 da Lincoln. Si tratta di una festività nazionale sentitissima, attualmente priva di simboli religiosi anche se la sua origine decisamente lo è. Risale infatti ai tempi dei padri Pellegrini della Mayflower che a un anno dal loro arrivo sulle coste americane istituirono nel 1621 la festa del ringraziamento, che ora è più sentita come festa per il raccolto autunnale. In quell’occasione il presidente degli USA proclama la “grazia” per due tacchini, altrimenti destinati ad arricchire le mense festose di ogni casa. Tutti gli americani, compresi gli ebrei, sentono questa ricorrenza come propria, tanto che quest’anno sono nati almeno due neologismi: “Thanksgivinka” o “Hanugivinkkah”. Per quest’ultimo è stato perfino realizzato un sito internet. Ma fra le non molte manifestazioni di sincretismo festaiolo che caratterizza questo buffo e apparentemente casuale appuntamento, colpisce la riflessione che ha voluto ad esso dedicare Menachem Mendel Schneerson, più noto come rebbe di Lubavitch, in un discorso del 1984 che circola in rete. Intitolato “Stars, stripes and lights”, venne pronunciato per celebrare la decisione dell’allora presidente Reagan di offrire assistenza all’accensione pubblica della lampada di Chanukkah. A parte la curiosità di un discorso dichiaratamente nazionalista americano espresso in un bellissimo yiddish, colpisce nelle parole di Schneerson un’apertura al mondo secolare non sempre comune al giorno d’oggi negli ambienti religiosi. C’è – nelle sue parole – una connessione strutturale fra la fede in Dio dei padri pellegrini della Mayflower e la fede in Dio di chi ha istituito e di chi celebra la festa di Chanukkà. Ma c’è anche un riferimento non episodico a quegli americani che non credono, ma che celebrano ugualmente la festa del Thanksgiving perché da qualche parte, in qualche forma, assumono nel loro intimo che un entità superiore dovrebbe pursempre esistere. Colpisce in particolare l’attenzione per il variegato mondo della secolarizzazione, con cui l’oratore intende comunicare. Mi sembra un bel segnale questa attitudine all’inclusione, questo riconoscimento di altre sensibilità che non corrispondono alle proprie ma con le quali bisogna porsi in atteggiamento di dialogo. Se venisse seguito, saremmo tutti un po’ meno soli.
Gadi Luzzatto Voghera, storico
(29 novembre 2013)