Napoli…

Per sei giorni, dal 20 al 26 dicembre, la Comunità ebraica di Napoli ha ospitato oltre 40 persone che hanno partecipato all’annuale seminario invernale organizzato dal dipartimento Educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane nell’ambito delle attività per il progetto Meridione ideate e dirette in partnership con l’ONG israeliana Shavei Israel. Lo stesso fondatore di Shavei Israel, Michael Freund, ha partecipato al seminario, godendo per la prima volta della bellezza di Napoli, città-donna dall’eterno fascino. Ma come tutte le belle donne anche la Napoli ebraica nasconde un segreto: la sua Sinagoga, piccolo gioiello in legno, inaugurato nel Rosh HaShana del 1863, non è orientata verso Sion, ma lancia il proprio sguardo verso una direzione e un confine che potrebbe cadere a Nord, tra Roma e Gaeta, tra Tevere e Garigliano.
Salendo da Sud, Calabria e Sicilia, giungendo da Est, Puglia e Basilicata, scendendo da Nord, Roma e Milano, i partecipanti al seminario hanno pregato tutti insieme rivolgendosi verso Nord-Ovest, mettendo in gioco i confini di provenienza, le proprie origini, le prospettive future e le direzioni da prendere. E mentre il Talmud Bava Batra 25b ci ricorda che chi vuole essere saggio deve andare a Sud (ma anche chi vuole essere ricco secondo rav Yeoshua ben Levi), il Talmud Berachot 30 supera ogni confine e suggerisce che “almeno il cuore si rivolga a Yerushalaim”. Come a dire che la fluidità dell’identità ebraica della nostra generazione debba superare ogni luogo e ogni confine per interiorizzare se stessa all’interno del cuore. Un cuore, certamente unico, ma dalle molte stanze come nella Tosefta Sota 7, 12: “Fai per te un cuore dalle molte stanze e fai entrare in esso le parole di chi dichiara impuro e le parole di chi dichiara puro.” Un cuore unico che nella diversità delle sue direzioni deve saper ascoltare le realtà diverse ma deve anche pregare rispettando luoghi e contesti, come l’Aron HaKodesh, l’armadio custode della Torà, al quale non si danno le spalle nemmeno per rivolgersi verso Yerushalaim, come insegnano i maestri a noi più vicini nel tempo. (Aruch Ha Shulchan OC 94,5, Pri Megadim, Mishna Berura). Dal 1863, a Napoli, l’ebreo prega guardando l’Aron, la Torà, fonte della nostra identità millenaria, ma anche simbolo del rispetto per l’istituzione e per le sue regole democratiche, antidoto alle facili rivoluzioni e forza per le giuste evoluzioni. Dal 1863 il l’ebreo di Napoli ha però un cuore anarchico come la città di Partenope: un cuore che prende il mare e va verso Zion, navigando e volando sull’intero Sud e il Mediterraneo tutto. Forse è questo il messaggio che Napoli offre al mondo ebraico italiano? Fai che il tuo cuore sia rispettoso delle regole e anarchico nel suo respiro, tra la moltitudine di stanze diverse, con diverse persone, diversi incontri, diversi mondi.

Pierpaolo Pinhas Punturello, Gerusalemme

(27 dicembre 2013)