Augusto Graziani (1933 – 2014)
“Dissento da quello che gli americani chiamano mainstream, il comune modo di pensare della maggioranza. La nuova generazione di economisti, purtroppo, è fatta di conformisti”, spiegava in un’intervista del 2006 l’economista napoletano Augusto Graziani. Un dissenziente, anticonformista che segnò con le sue idee il pensiero economico italiano dello scorso secolo, attraverso una prospettiva di sinistra, scomparso ieri a Napoli a 81 anni. Accademico dei Lincei, senatore della Repubblica, presidente della Società nazionale degli economisti, Graziani si impegnò per proporre una visione diversa dell’economia e della politica. Come membro della Comunità ebraica di Napoli, diede il suo contributo, mettendo la sua professionalità a disposizione, redigendo ad esempio il regolamento interno comunitario.
Nato nel 1933 nella città partenopea, decise di saltare una generazione e seguire le orme del nonno e non del padre, illustre giurista, dedicandosi dunque all’economia. Un mondo che lo vedrà tra i fondatori della Teoria del circuito monetario, la scuola economica di ispirazione post-keynesiana che si prefigge l’obiettivo di descrivere la creazione di moneta da parte del sistema bancario commerciale.
Negli anni del fascismo, il padre fu costretto a interrompere il suo lavoro di giurista a causa delle leggi razziste del 1938. “Mio padre si arrangiava – ricorderà l’economista – ma le libere professioni erano interdette agli ebrei. Lo aiutò l’ingegnere Giuseppe Cenzato, presidente della Società meridionale di elettricità privata, che lo fece lavorare nell’ufficio legale”. Di quegli anni il ricordo della segregazione e dell’impossibilità di frequentare le scuole come tutti i ragazzi, “io, fino alla caduta del fascismo, non sono mai andato a scuola, avevo un´insegnante privata, Lucia Castagna”.
Finita la guerra, Graziani si fa strada nella sua Napoli, diventando uno studente modello. Laureatosi in economia all’università Federico II, partirà negli anni Cinquanta per un’esperienza all’estero che ne segnerà la visione politico-economica. Tra il 1956 e il 1959 frequentò prima la London School of Economics e poi l’Harvard University negli Stati Uniti, dove collaborò con il professore del Mit Paul Rosenstein Rodan. “Era ebreo e e da giovane era stato in Italia – raccontò in un’intervista a Repubblica il professor Graziani, docente di economia politica prima a Catania, poi Napoli e infine a Roma – Fu lui a dirmi “lei deve andare da Rossi-Doria, è l’unica persona che vale la pena di frequentare”. Rossi-Doria era un uomo di grandissimo ingegno, esercitava un enorme influsso anche solo con la sua conversazione, riempiva di sé il suo istituto”. E proprio a Manlio Rossi-Doria, Graziani imputa la sua svolta decisiva (o “deviazione”, come la definisce ironicamente lo stesso economista) a sinistra in merito al pensiero economico. Anche le grandi proteste del ’68 avranno un loro peso nella formazione politica di Graziani tanto che lui stesso confesserà “è l´anno della mia svolta a sinistra. Questa degenerazione, come la definisce mia moglie, è cominciata forse come per tutti con una ventata generale”. Ironico e poliedrico, a fianco al lavoro nel mondo dell’economia (temi su cui è intervenuto anche nel recente passato, ventilando ad esempio nel 2003 la possibilità di un tracollo dell’euro), un ruolo di rilievo nella vita dell’ex senatore della Repubblica italiana lo avrà la musica. “La musica è uno svago, mi incuriosisce – sottolineò – Mia madre, Adelina Fano era una buona pianista dilettante e organizzava musica d’insieme. Verso i 14 anni ho cominciato a studiare il violino, sono stato promosso agli esami del quinto anno di Conservatorio, ho continuato anche nei miei anni all’estero”.
In politica, eletto senatore con il Pds nella XI legislatura (1992-1994), mantenne il suo approccio critico e anticonformista, smarcandosi da coloro che avrebbero voluto si comportasse come uno yesman. Portò in Parlamento la propria visione economica, in cui si evidenzia una preferenza a favore di una politica industriale attiva da parte dello stato.
Tra le sue opere, ricordiamo L’economia italiana dal 1945 a oggi (1979; 3ª ed. 1992); Teoria economica (1992); La teoria monetaria della produzione (1994); I conti senza l’oste (1997) e Lo sviluppo dell’economia italiana. Dalla ricostruzione alla moneta unica (1998).
(6 gennaio 2013)