In cornice – Kandinsky

liberanomeC’era un tempo, all’inizio del Novecento, in cui pittura, scultura, filosofia, musica, poesia, psicologia erano strettamente legate, in cui gli artisti si arricchivano del lavoro comune. Questo bisogna ricordare di fronte a un quadro di Kandinsky, altrimenti se ne perde gran parte. Lo si capisce al volo nelle stanze di Palazzo Reale a Milano, dove è allestita una personale a lui dedicata. Kandinsky era in particolare appassionato e cultore di musica e aveva creato un codice che unisce colori e strumenti, colori e suoni, colori e strumenti. Guardare un suo quadro, lasciandosi trasportare dal gioco cromatico o dalla scoperta delle forme appena abbozzate, è come osservare una natura morta fiamminga, focalizzandosi sulla grazie nella composizione di fiori e animali o sulla tecnica sopraffina del pittore. Si galleggia in superficie.
Prendiamo Gelb-Rot-Blau (Giallo-Rosso-Blu), in mostra a MIlano. A una serie di forme geometriche, ben definite su fondo giallo poste a sinistra, si contrappone un’aria di forme molto più ondulate e mosse su fondo più variopinto con prevalenza di blu. Potrebbe apparire un piacevole accostamento cromatico; a un livello più profondo, so ha una sensazione di contrapposizione fra una parte razionale, ideale e un inconscio molto più aggrovigliato e attorcigliato, assai meno splendente.
Ma la teoria dei colori di Kandinsky scompagina queste carte. Il giallo è infatti per lui il segno dell’irrazionalità cieca, ed è paragonato al suono di una tromba. Già nella sinistra del quadro, quindi, il pittore parla della complessità del pensiero che porta alla realizzazione di forme geometriche e che è invece basato su un pensiero inconscio, di estrema violenza. Il blu della parte destra, che è messo in relazione con l’organo, è il colore dell’indifferenza e della distanza. A ben guardare le forme ondulatorie di quella parte si compongono poi gradualmente, si tranquillizzano fino a tornare a quell’area blu. Gelb-Rot-Blau, non è quindi diviso in due parti contrapposte, ma è piuttosto una sorta di fregio, che parte da una area di commistione, da persona disturbata, fra estremo razionalismo ed estrema irrazionalità e gradualmente giunge a una fase di ricompattamento del pensiero, in un’unica tranquillizzante visione. Kandinsky nasconde più di quel che dice.

Daniele Liberanome, critico d’arte

(3 febbraio 2014)