Oltremare – Reality

fubiniChiunque mi conosca sa quanta poca pazienza ho per i reality, in ogni loro declinazione e manifestazione. Non ho visto una sola puntata di grandi fratelli e altre inutilità selezionatorie assortite, spettacoli di cui sarebbe fierissimo Nerone, produzioni mastodontiche e carissime e partecipanti pronti a ogni cosa pur di allungare la propria vita sullo schermo – in questo, davvero novelli gladiatori.

In Israele non si scampa ai reality, prova inconfutabile che il vecchio ed abusato “voi ebrei siete tutti intelligenti” è puro antisemitismo. Cinque minuti davanti a un Ach Hagadol (Grande Fratello versione israeliana) tolgono ogni dubbio, e si va a dormire sereni sapendo che anche noi abbiamo la nostra bella quota di ignoranti, cretini e buzzurri. Metterei un accento sui buzzurri.

Però questo sano snobismo va in crisi quando mi si fa notare che per entrare davvero nella testa degli israeliani, per capire i dialoghi fra colleghi e amici, un po’ di reality bisogna guardarli. Soprattutto, mi si continua a dire, quelli che girano intorno al cibo: i Masterchef e compagnia bella.

Non è difficile, basta accendere la tivù praticamente su qualsiasi canale quasi ogni sera della settimana e un reality gastronomico comparirà. Siamo circondati da israeliani che vorrebbero aprire il proprio ristorante, e che hanno storie strappalacrime da dispensare ad ogni portata.

Ho tentato, e a parte la noia mortale delle storie tutte ugualmente commoventi o emozionanti, a parte il disordine e l’aspetto poco curato dei partecipanti (uno si aspetta che almeno per andare in televisione si passi prima dal parucchiere), ho trovato un buon motivo per l’esistenza di questi spettacoli in Israele: sono vere e proprie ribalte del faticoso melting pot locale. Quegli studi televisivi si sono trasformati nella forse unica arena in cui ebrei regligiosi e non, sefarditi, ashkenaziti, yemeniti, etiopi, arabi israeliani, nuovi immigrati da ogni dove, si incontrano, dialogano, si imparano a vicenda, in breve convivono. In modo forse coatto, di certo con l’unico scopo di fare audience. E pazienza. Viva i reality culinari (che continuerò a non guardare).

Daniela Fubini, Tel Aviv – Twitter @d_fubini

(3 febbraio 2014)