Religioni contro la violenza

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Le ragioni della pace davanti alla violenza, il ruolo delle religioni, le testimonianze di pace in un mondo violento, la globalizzazione. Queste le quattro sessioni previste per la conferenza organizzata oggi a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio assieme alla Fondazione Missio, presentata sulle pagine di Avvenire. Tema cardine dell’evento “Le religioni e la violenza”, su cui, con diverse articolazioni, si confronteranno esponenti della realtà cristiana, ebraica e musulmana assieme a diplomatici ed esperti, analizzando le complesse vicende che hanno segnato negli ultimi anni gli equilibri internazionali. Tra gli ospiti chiamati a intervenire, il rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma.

“Fermo restando che non c’è niente di paragonabile a ciò che è stata la Shoah, con la Giornata europea dei Giusti il 6 marzo si vuole ricordare chi ha saputo cercare il bene con la scelta di difendere la dignità umana nei momenti bui”. Sul Corriere della Sera il direttore artistico del teatro Franco Parenti Andrée Ruth Shammah riflette sul significato dell’istituzione della giornata dedicata a coloro che, durante la Shoah, si prodigarono per salvare e aiutare i perseguitati. “Più si ricorda il bene e più si diventa consapevoli di ciò che l’essere umano può fare per ottenerlo”, scrive Shammah, sottolineando come l’agire secondo giustizia abbia un significato sempre attuale, a maggior ragione di fronte agli eccidi che si stanno compiendo in Siria, su cui è caduto il silenzio dell’Occidente.

Nelle ultime settimane in Israele ha ricevuto grande attenzione la proposta di legge del governo spagnolo di prevedere la restituzione della cittadinanza a chi dimostra di discendere dagli ebrei espulsi – attraverso l’editto firmato dalla regina Isabella e da re Ferdinando- dalla penisola iberica nel 1492. Secondo Mario Pirani (Repubblica), “C’è uno speciale significato e un valore attuale nell’offerta spagnola di questi giorni: vi si esprime una (tardiva) volontà di cancellare la macchia che gravò da allora sull’intera Europa cristiana, ossessionata dalla volontà di costruire compatte identità collettive di fedeli e di sudditi”. Una forma di riparazione successiva, monito o “promemoria” – come scrive Pirani – per l’Europa d’oggi, in cui intolleranze religiose e razzismi sembrano prendere sempre più quota.

Negli ultimi mesi, il boicottaggio di Israele per la sua presenza nella West Bank è tornato sotto i riflettori internazionali. E ora anche la Deutsche Bank, una delle più autorevoli banche tedesche, inserisce nella lista degli indesiderati l’israeliana Bank HaPoalim proprio perché avrebbe delle attività in Cisgiordania. Sulla questione si sofferma Fiamma Nirenstein sul Giornale, evocando ombre del passato, “in Germania prima arrivò il falò dei libri, poi il boicottaggio di tutto il lavoro ebraico, poi ci fu la Kristallnacht e la violenza infine culminò nella Shoah”.

Mentre, dunque, Israele guarda con preoccupazione all’estendersi della politica del boicottaggio, continuano d’altra parte i contatti con i palestinesi. I negoziati di pace, con la mediazione americana, proseguono nonostante la distanza tra richieste dell’Autorità palestinese e governo israeliano. E proprio quest’ultimo, secondo avvenire, avrebbe ricevuto una lettera da un mittente inaspettato: Ismail Haniyeh, guida di Hamas, avrebbe scritto segretamente al premier Benjamin Netanyahu per un contatto. A riportare l’indiscrezione, smentita però da Hamas, Avvenire.

Daniel Reichel

(19 Febbraio 2014)