Ucraina – Kiev, la piazza e gli ebrei
Nessun paese della democratica Unione Europea legittimerebbe un governo in mano all’estrema destra xenofoba e razzista. Lo sanno gli insorti ucraini, lo sanno i sostenitori del latitante Victor Yanukovych. E quando i media riportano di due ultraortodossi ebrei brutalmente picchiati o di una sinagoga colpita da una Molotov e rilanciano il ruolo del partito ultranazionalista Svoboda nelle proteste di piazza Maidan, comincia ad insinuarsi l’idea che l’Ucraina sia pericolosamente vicina a dare sfogo al suo animo più nero e violento. Preoccupazioni arrivate fino in Israele che – come si ricordava ieri su queste pagine – ha deciso di far fronte all’allarme antisemitismo arrivato da Kiev e dintorni inviando, tramite l’Agenzia Ebraica, una squadra di assistenza alle comunità ebraiche ucraine. E se tre indizi fanno una prova, l’Ucraina sembrerebbe sempre più in mano all’estremismo di destra, quello che non esita a usare la retorica antisemita per fomentare la violenza. Eppure il presidente del Congresso ebraico ucraino nonché vicepresidente di quello europeo, Vadym Rabynovych dipinge un’altro quadro. Anzi punta il dito contro i media: “le accuse di antisemitismo e xenofobia di massa in Ucraina non sono vere”, ha dichiarato ieri Rabynovych, aggiungendo che i rapporti della comunità ebraica con i manifestanti sono stati “tolleranti e pacifici”. Chi dice il contrario, afferma il presidente, vuole provocare. “Insieme a tutto il popolo, la comunità ebraica dell’Ucraina parteciperà attivamente alla costruzione di uno stato democratico e per promuovere il rilancio e la prosperità del paese”, conclude Rabynovych. Sono tante le personalità del mondo ebraico ucraino ad essere scese in piazza Maidan per protestare contro al regime di Yanukovych, contro la corruzione del governo, contro la soggezione nei confronti della Russia di Putin: a fianco di persone comune, intellettuali, docenti universitari, esperti e ricercatori di storia ucraina. Alcuni di loro sono tra i 40 firmatari di una lettera diretta al mondo dell’informazione internazionale di cui si parla nel numero di marzo di Pagine Ebraiche. “Ai giornalisti, commentatori e analisti che stanno scrivendo sul movimento ucraino di protesta EuroMaidan: l’EuroMaidan di Kiev è un movimento di massa non estremista di disobbedienza civile”, si legge nel messaggio, inviato a fine gennaio in risposta a una rappresentazione, secondo i firmatari, distorta del movimento di piazza Maidan. Molto in così poco tempo è cambiato. Yanukovych è stato costretto alla fuga, dopo aver lasciato una scia di feriti e morti dietro di sé. E ora la protesta dovrà darsi una guida, con Yulia Tymoshenko, la leader della rivoluzione arancione, già candidatasi alla presidenza del paese e l’estrema destra di Svoboda a caccia di un riconoscimento più ampio. Secondo i russi, osservatori molto interessati della situazione, il nuovo governo in formazione sarebbe già in mano agli estremisti. A uomini armati di kalashnikov e coperti da passamontagna, secondo la definizione del presidente russo Dimitri Medvedev che ha dichiarato che la Russia non riconoscerà un governo illegittimo e incostituzionale come quello provvisorio che ha sostituito Yanukovych. E mentre i russi ringhiano, il rabbino Moshe Reuven Azman consigliava agli ebrei di lasciare Kiev e l’Ucraina, oramai, secondo lui, senza timone e a rischio violenza antisemita. La Molotov di ieri sembra dimostrare che il rabbino Azman non si sbagliava. Però sempre ieri sono arrivate le parole di rassicurazione di Rabynovych. Del suo parere anche altri volti noti dell’ebraismo ucraino come l’oligarca Victor Pinchuk, il giornalista Vitaly Portnikov e l’artista Aleksandr Roitburd. Non solo, tra coloro che hanno organizzato il servizio di sicurezza del movimento Maidan spunta anche un ebreo ortodosso, che nelle ultime ore ha rilasciato al sito vaadua.org un’intervista, rimanendo però anonimo. “Come la maggior parte delle persone, sono venuto a Maidan non “per” qualcosa, ma “contro” qualcosa – afferma l’uomo nell’intervista – Non ho mai appoggiato l’autorità pubblica ucraina ma l’uccisione di persone è diventato il Rubicone (punto di non ritorno). Quello è stato il momento in cui ho realizzato che dovevo raggiungere le persone a Hrushevskoho (la strada dove è stata eretta dai manifestanti la barricata di difesa)”. Di fronte alla disorganizzazione, la mancanza di strategia e leadership, l’uomo, che vuole celare l’identità probabilmente preoccupato per eventuali ritorsioni, ha cominciato a dirigere le fila del servizio di difesa, diventandone uno dei capi. Assieme a lui ci sono quattro israeliani, con un passato nell’Idf, giunti per dare una mano contro la violenza del regime. “Siamo come i caschi blu dell’Onu” afferma l’anonimo leader. Dei “peacekeeper” che cercano di organizzare e calmare la piazza sempre più nervosa e in cerca di vedetta dopo i morti delle scorse settimane. Alla domanda sull’antisemitismo, l’uomo spiega, “non c’è stato neanche un accenno a questo atteggiamento. Sono stato in contatto con gli attivisti di Pravy Sector (militanti di estrema destra), dell’Assemblea nazionale ucraina e dell’Autodifesa delle gente ucraina (altre organizzazioni di estrema destra), tutte persone che probabilmente non avrei mai guardato negli occhi in tempo di pace. In ogni caso, mi presento come ebreo, come un ebreo religioso”. Con lui, decine di georgiani, azeri, armeni, russi, mondi diversi che hanno sposato una sola causa e non sono mai caduti nel tranello di non tollerarsi a vicenda. Poi interviene sulla presenza di ebrei in piazza, osteggiata e criticata da una parte della comunità stessa, “considero la presenza di ebrei a Maidan non solo come la santificazione del nome di Dio, ma come il dialogo del mondo ebraico con il futuro governo. Questo è ciò che aiuterebbe gli ebrei per vivere e lavorare in questo paese”. “Alla fine della giornata – chiosa l’intervistato – è valsa la pena vivere in questo paese perché abbiamo vissuto per vedere piazza Maidan”.
Daniel Reichel
(25 febbraio 2014)