sacrifici…

Cominciano le regole relative ai sacrifici, o – per meglio dire – ai “qorbanòth”. La precisazione non è peregrina: se il termine sacrificio mette in risalto il lato della perdita che si subisce, il termine Qorbàn pone l’accento sulla finalità dell’ “avvicinare” a D.o la nostra offerta e dell’avvicinarci a Lui. A proposito del primo di essi, la ‘olà (olocausto), la Torah stabilisce che l’offerente “la offra a sua volontà davanti a D.o”. Questa espressione viene stranamente commentata da Rashì con queste parole: “Ciò insegna che lo si costringe ad offrire”. Il Sefàth Emèth spiega questa apparente contraddizione fra l’espressione della Torah e il commento di Rashì affermando che chi vuole realmente sentire in sé il senso di religiosità, avvicinarsi al livello della “qedushà”, desidera sentirsi come se dall’Alto gli venisse tolto il libero arbitrio, se non avesse altra scelta che seguire la strada tracciata da D.o; quindi la sua volontà è quella di sentirsi obbligato ad un determinato modo di agire. In altri termini, chi offre un “qorbàn” vuole annullare la sua volontà per far sì che tutte le sue energie spirituali e fisiche siano dedicate solo alla volontà divina, ossia, parafrasando la Torah, “offra la sua volontà davanti a D.o”. Il Maimonide spiega che forzare qualcuno a fare qualcosa che non è obbligato a fare è una forzatura illecita; invece, spingere qualcuno a fare ciò che la Torah ordina di fare non solo non è una forzatura, bensì è far emergere la volontà più autentica della persona, perché nella natura umana è insito – anche se spesso rimosso – il desiderio di far identificare la propria volontà con quella di Ha-Qadòsh Barùkh Hu’. Una costrizione a compiere le mitzwòth risulta quindi essere la realizzazione del più intimo desiderio della persona. Ovviamente ciò vale nel caso in cui uno si senta spinto dal desiderio di ricercare un “qorbàn”, un qualcosa che lo avvicini a D.o. E questo dà un’idea di quale profondità di concetti ed insegnamenti abbia ancora da darci un testo all’apparenza arido e tecnico.

Elia Richetti, rabbino

(6 marzo 2014)