Qui Torino – Nel nome di Emanuele Artom

torino nlEmanuele Artom è uno dei simboli di quella Torino che non volle piegarsi al nazifascismo, della Resistenza. Un giovane intellettuale ebreo, severo e rigoroso, salito sulle valli piemontesi per combattere da partigiano per la liberazione. E in nome della libertà diede la vita, assassinato per mano fascista e sepolto da qualche parte sulle rive del Sangone. Al suo ricordo Torino, la sua città, dedica la marcia (nella foto, un’immagine dell’edizione dello scorso anno) che questo pomeriggio vedrà sfilare la Comunità ebraica torinese, assieme a quelle di Casale Monferrato e Vercelli, a fianco delle istituzioni comunali e della Comunità di Sant’Egidio.
Il cammino si snoderà dalla stazione Porta Nuova per concludersi in piazzetta Primo Levi, luogo dove sorge la Comunità ebraica cittadina e dedicata a un altro celebre partigiano ebreo. All’evento interverranno, assieme al rabbino Alberto Moshe Somekh, il sindaco di Torino Piero Fassino e la responsabile della Comunità di Sant’Egidio Daniela Sironi con la partecipazione del coro della scuola ebraica E. Artom e del coro Gesher di Casale Monferrato.
“Artom – ricordava il presidente della Comunità ebraica di Torino Beppe Segre nell’arco della marcia tenutasi lo scorso anno– era animato da una sorta di imperativo categorico che lo spingeva all’azione e all’intransigenza. Disprezzava soprattutto gli opportunisti”. Guidato dal rigore etico, Artom scrisse nelle pagine del suo diario un analisi tagliente di ciò che fu la Resistenza, per lui un obbligo morale. “Bisogna scrivere questi fatti, perché fra qualche decennio una nuova retorica patriottarda o pseudoliberale non venga a esaltare le formazioni dei purissimi eroi – riportava il giovane intellettuale – siamo quello che siamo: un complesso di individui in parte disinteressati e in buona fede, in parte arrivisti politici, in parte soldati sbandati che temono la deportazione in Germania, in parte spinti dal desiderio di avventura, in parte da quello di rapina. Gli uomini sono uomini”. Uomini con la capacità di scegliere e, nell’ottica di Artom, con il dovere di farlo perché “
Il fascismo non è una tegola cadutaci per caso sulla testa; è un effetto della apoliticità e quindi della immoralità civile del popolo italiano. Se non ci facciamo una coscienza politica non sapremo governarci, e un popolo che non sa governarsi cade necessariamente sotto il dominio straniero, o sotto la dittatura di uno dei suoi”.

d.r.

(25 marzo 2014)